Cantieri, espropri e fortune Così l’avanzata della 92 cambia la vita nei quartieri

Cantieri, espropri e fortune  Così l’avanzata della 92 cambia la vita nei quartieri

La corsia preferenziale avanza in viale Abruzzi come i binari della Union Pacific avanzavano nel Far West: solo che qui si fa largo in una prateria di auto parcheggiate, rottami, aiuole brulle, alberi mezzo avvelenati, materassi. I lavori per la corsia della 92, un pezzo decisivo del trasporto pubblico a Milano, come la ferrovia del West fanno e disfano fortune, creano entusiasmi e arrabbiature. É il progresso, e - purtroppo o per fortuna - non si può fermare. E intorno all’avanzare della filovia fioriscono storie di ogni tipo, piccole o grandi, della Milano che fu e di quella che sarà. Come quella di Luigi Brunelli, macellaio al mercato coperto di viale Umbria, che prima o poi verrà spazzato via anch’esso dall’avanzare della corsia: «Il mercato è qui dal 1948, io sono arrivato nel 1954 in veste di garzone - sorride mentre affetta il fegato - e già allora si sapeva che era provvisorio». O quella di Anna Ciceri, che in piazza Emilia guida l’edicola che fu di sua nonna e di sua madre, e racconta come il suo mestiere sia cambiato ma non sia cambiata lei: «Io le cassette porno non le vendo, perchè mi piace che qua i miei clienti vengano con i bambini».
I lavori aspettavano da anni. Il grande cerchio della circonvallazione esterna, dove navigano le ultime filovie rimaste in città, è rimasto monco: la 90, la 91 e la 92 sfrecciano quasi come un metrò di superficie fino in piazzale Lodi. Poi, all’angolo di via Tertulliano, l’imbuto che - mentre la 90 si salva girando verso piazzale Cuoco e viale Molise - trasforma la 92 in una lumaca, stretta nella morsa del traffico, in una ridicola corsia tirata con la vernice gialla che nessuno rispetta. Così i passeggeri pigiati sui torpedoni elettrici si ritrovano a passo d’uomo. Per decenni, il tappo è sembrato inamovibile: perché al centro dei vialoni si era affastellato di tutto, un immenso parcheggio ma anche chioschi per i fiori, baretti, mercati. E sloggiare tutto sembrava impossibile.
Poi, un po’ sotto la Moratti e un po’ sotto Pisapia, ci si è messo mano. I primi due chilometri e mezzo di lavori sono partiti in agosto, e finiranno - in teoria - ad autunno 2013: da viale Abruzzi, all’angolo con via Piccinni, fino all’inizio di viale Umbria, su piazza Cappelli. C’è voluta la mano del cielo, perchè solo in questo tratto c’erano sette «manufatti», come si chiamano in gergo, da sloggiare: tre edicole, tre fioristi, un chiringuito. Trattative su trattative per trovare nuove collocazioni. Alla fine qualcuno è contento, come Anna Ciceri, che dell’edicola costruita nel 1924, in mezzo al viale, e ora spostata accanto ai giardini, ha ancora la foto dell’inaugurazione, con la nonna vestita da charleston: «Qui si lavora bene. Ma se potessi avere anche la linea telefonica sarei più contenta, invece pare che sia impossibile». E qualcuno è addirittura felice, come Maria Luisa Litta Modignani, che l’edicola ce l’ha all’altezza di piazzale Bacone, e che si è vista sfrattare dallo spartitraffico dove ne accadevano di tutti i colori, «c’era persino gente che veniva lì a riparare le auto e poi lasciava tutti gli avanzi», ma per spostarsi davanti alle scuole, e «qui va molto meglio», anche perché i bambini danno l’assalto alle figurine. Ma c’è anche chi brontola, come il cittadino Claudio Cadalora, che piazzale Bacone lo conosce fin da quando negli anni Sessanta c’era la mensa popolare, «e si mangiava con duecento lire», ed è arrabbiato perché «per fare spazio a un solo filobus si sono tolti centinaia di posti auto». Al fioraio di piazza Virgilio si sono dimezzati gli incassi. Ma i più arrabbiati di tutti sono gli abitanti di via Giustiniano, dove traslocherà il chiringuito, e si ritroveranno sotto le finestre il popolo della notte.
Il lavoro è ancora tanto. C’è da spostare la storica fontana dell’acqua marcia di viale Piceno, dove i milanesi una volta andavano a bere l’acqua solforosa pensando che facesse bene, e invece era inquinata: però la fontana è bella, adesso è abbandonata in mezzo al cantiere, ma verrà spostata in piazza Emilia. Ancora più difficile sarà andare avanti più in là, su viale Umbria dove la corsia preferenziale andrà a incrociare i binari del 12 che viene da piazzale Martini. Chissà poi quando si riuscirà ad affrontare la tratta finale di viale Umbria, radendo al suolo il vecchio mercato comunale dove gli ultimi commercianti resistono come navajos in una riserva, e il macellaio Brunelli si lamenta perché gli hanno fatto sperare in un posto al mercato di Santa Maria del Suffragio «e invece ci andranno quelli del chilometro zero e dei prodotti etnici», ma ormai è rassegnato ad abbassare la clerc e andare in pensione.

E verranno sfrattati anche i due bengalesi col chiosco di fiori in piazza Cappelli, che chissà cosa stanno capendo di tutta questa faccenda visto che di italiano non sanno mezza parola: così da sperare che il chiosco non gliel’abbia rifilato qualcuno senza spiegargli che anche da queste parti stava per arrivare il progresso.

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