Il capolavoro dimenticato nelle sale del Castello E i turisti chiedono: dov'è?

Ogni ora centocinquanta visitatori Ma mancano indicazioni e percorsi guidati: è seminascosta dai pannelli

Dimenticata o protetta? E' questo dubbio a spingerti attraverso le sale del museo del Castello Sforzesco fino all'ultimo vano, dove splende la «Pietà Rondanini» di Michelangelo Buonarrotti, o meglio Buonarota, come sta scritto sulla base della statua. Entrando nel Castello, la sua è una presenza fantasma, visto che per tutto il tragitto nessun cartello la indica, come se l'ultimo capolavoro rimasto incopiuto del genio della Cappella Sistina fosse un reperto di marmo «inter pares», ovvero di uguale importanza ai capitelli e ai basamenti d'arte cinquecentesca che la precedono.

Eppure chi varca queste soglie, entra soprattutto per la «Pietà» che nelle sue forme ancora velate nel marmo quasi grezzo sembra davvero un fantasma. Una media tra i 100 e i 150 visitatori all'ora, tra le 11 del mattino e le 17.30, questo è l'afflusso di persone che si reca al cospetto di una meraviglia a cui Michelangelo lavorò fino a quattro giorni prima della morte, e che, in questo suo abbozzo o bozzolo senza completa metamorfosi da bruco a farfalla, riluce di una contemporaneità dolce e sovversiva.

«Dov'è?». Sono in molti a chiederselo, vagando di salone in salone, e alcuni escono senza vederla perché, racchiusa tra due «semicerchi» che la proteggono in un'area circolare, pensano che dietro al muro bombato non ci sia nulla, a detta anche degli stessi custodi del museo. E' l'eco di un nome immortale, Michelangelo, a spingerli a cercarla fino in fondo, visto che nemmeno al book shop si respira la sua presenza. Solo un piccolo libro, sceso da 72 euro in offerta a 4.90 euro, la indica in mezzo aicatologhi per lo più dedicati a Leonardo da Vinci.

Protetta? Non si direbbe. Tutti la toccano e la fotografano, al punto che viene il sospetto che alcune zone lucide del marmo non siano impronte dell'artista, ma carezze di mani e mani di persone che anche ieri pomeriggio non smettevano di pretenderne il contatto. Maria che sorregge il corpo esanime di Gesù, tenendolo da dietro, sotto le ascelle. Ancora una volta la «Pietà Rondanini» conferma la potenza di una Madonna virile e dal fisico possente, come la «Pietà» in Vaticano, dove la Vergine è seduta ma, se si alzasse in piedi, avrebbe un corpo maestoso, più grande di quello del Figlio.

Le comitive arrivano e cercano di mimare la scena rappresentata da Michelangelo, ricordato su un scaffalatura del semicerchio in un piccolo bronzo che ne ritrae il volto. La luce dall'alto è soffusa, il silenzio più da chiesa che da museo, un rispetto devoto e timoroso verso la mano di un'artista che, proprio grazie all'incompiutezza dell'opera, pare essere più che mai presente, quasi fosse ancora in dialogo con questa sua bellezza.

La tradizione vuole che terminato il Mosè, Michelangelo abbia gridato: «Perché non parli?». Invece a parlare è questa «Pietà» che lascia nel visitatore una lacerazione sacra, come una ferita che la perfezione spesso non incide.

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