Il cardinale Scola ai cristiani: «Non restate muti sui grandi temi»

Volano in alto, sospesi sulla fiducia nelle braccia dei loro amici che li accompagnano fino in Duomo e li lanciano per aria, secondo tradizione. Sono i futuri sacerdoti, ventitré seminaristi che nel giorno dell'inaugurazione dell'anno pastorale hanno compiuto il rito di ammissione tra i candidati al diaconato (primo grado del sacerdozio) e al presbiterato (il secondo grado, che corrisponde ai preti). Tre arrivano da Milano città (sono Marco Frediani, Michele Maria Porcelluzzi e Wijetunga Don Asiri Kalpa), altri dalla provincia e dalla Brianza.
Hanno concluso i primi due anni di studi, ne hanno davanti ancora quattro prima che la loro vocazione sacerdotale sia per così dire ufficiale. Uno dei seminaristi volanti, Fabio Zanin, classe 1991, aspirante sacerdote da subito dopo la maturità, racconta: «Per il momento non siamo don, non siamo preti, siamo come tutti gli altri. Ma in questi quattro anni siamo chiamati a verificare una decisione che abbiamo già presa, per sempre». Lui, Fabio, pensava di fare medicina: «Ma durante l'estate della quarta liceo, trascorsa in oratorio, ho capito che non ero chiamato a diventare medico ma prete».

È stato faticoso rinunciare all'idea di una fidanzata? «Non è una rinuncia né una privazione ma una scelta “per”. Per il servizio alla Chiesa e non di una compagna o di una discendenza». Dove si vede tra vent'anni? «A Milano, in oratorio: lì vorrei ritornare». (...)

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