Un «galantuomo» (come lo ha definito ieri mattina Luciana Lamorgese) e tre signore. Stiamo parlando del presidente di Fondazione Cariplo Giuseppe Guzzetti, quindi di Manuela Ulivi, vertice della Casa di accoglienza delle donne maltrattate (Cadmi), di Arianna Censi, vicesindaca Città Metropolitana e naturalmente del prefetto. Dobbiamo principalmente a loro - e anche ai capitali di donatrici anonime («tra cui una madre con tre figli che ha elargito una somma molto consistente» ha precisato Ulivi) - la realizzazione del progetto «Un viaggio verso la libertà». Che concretamente si materializza a partire dal prossimo mese in uno stabile - concesso gratuitamente in comodato d'uso, per l'accoglienza di 12 giovani donne migranti, richiedenti asilo, vittime di tratta, violenze e maltrattamenti di ogni genere - ma in realtà è molto altro. Questa anonima casa protetta rappresenterà infatti autonomia, dignità psicologica ed emotiva per ragazze che nel loro Paese d'origine non solo vengono considerate alla stregua di oggetti di scarso se non alcun valore, ma hanno vissuto esperienze drammatiche, sofferto profondamente perché private di tutto e in particolare del loro futuro e di una speranza.
«Queste donne sfruttate e orfane di una esistenza vera e propria devono sentirsi accolte, supportate e naturalmente integrate - spiega Lamorgese -. Milano, con la sua forte tradizione nell'accoglienza, eccelle in generosità. Perciò c'è sempre stata unità d'intenti tra le istituzioni pubbliche e quelle private per portare avanti questo progetto, come per tante altre iniziative».
«Quando, dopo i contributi ricevuti dalle nostre donatrici e da Fondazione Cariplo (100mila euro), due mesi e mezzo fa si è cominciato a parlare con il prefetto e poi in Comune con l'assessore Pierfrancesco Majorino, abbiamo immediatamente ottenuto un riconoscimento dalle istituzioni e senza mai che l'argomento dell'orientamento politico venisse nemmeno sfiorato - prosegue Ulivi -. L'obiettivo primario è far sì che queste ragazze possano elaborare all'interno della struttura i traumi subiti; quindi piano piano, anche grazie a corsi formativi e al supporto dello sportello lavoro di Cadmi, trovino la loro strada, l'indipendenza emotiva ed economica e non tornino mai più a essere vittime di situazioni di sfruttamento».
Il progetto Un viaggio per la libertà prevede per queste donne - già individuate in un gruppo di eritree a cui seguiranno altre giovani donne africane in situazioni di emergenza - un supporto psicologico, la formazione di una cultura di base per non rendere un dramma la vita quotidiana (quindi non solo l'insegnamento della lingua, ma anche tutte le indicazioni su come muoversi e vivere in un paese sconosciuto), infine l'orientamento al lavoro e una consulenza legale.
Mentre Arianna Censi ha parlato di «sofferenze indicibili di fronte alle quali bisogna avere coraggio di agire» e ha elogiato la prefettura, da sempre «istituzione algida» e «ora in grado di trattare con tutti» grazie al lavoro di Lamorgese, Majorino ha esternato preoccupazione affinché si realizzino «solo progettualità significative» facendo prevalere «la logica dell'emergenza su quella dell'ordine pubblico, visto che, come dice don Colmegna, ci si dimentica spesso che
la vera emergenza è quella che vivono loro».«Non deve più accadere quel che è capitato alle 11 donne della nave Diciotti - ha concluso caustico l'assessore comunale alle Politiche sociali - viste come impaccio di stato».
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