Cronaca locale

Uno chef «alchimista» nel paradiso di Bellagio

Lo stellato Ettore Bocchia, pioniere della cucina molecolare, racconta le sue invenzioni: «Metto la fisica al servizio del gusto e della salute»

Mimmo di Marzio

Il primo vero ponte di primavera mette in vetrina le eccellenze lombarde dell'ospitalità, quelle che attirano non solo i buongustai del fuoriporta, ma un turismo internazionale amante delle bellezze della nostra regione. Una di queste è il Grand Hotel Villa Serbelloni sulle rive di Bellagio, vera perla del Lario. La villa ottocentesca in puro stile neoclassico di proprietà della famiglia Bucher, uno dei 50 indipendent hotel italiani, è anche il regno di uno degli chef stellati più originali del Belpaese. Ettore Bocchia, emiliano classe 1965, è infatti l'autore di pagine che hanno cambiato la storia della ristorazione, malgrado abbia scelto di evitare la ribalta del medialismo gastronomico e da ben 23 anni preferisca dedicarsi alle nuove frontiere della ricerca alimentare nella lussureggiante oasi di Villa Serbelloni. «Per me la cucina è anzitutto scienza, e la frenesia di un ristorante classico mal si abbinerebbe allo studio», dice all'indomani della riapertura del grande albergo a cinque stelle dopo un inverno intero trascorso tra workshop, viaggi nelle capitali oltreoceano della cucina, e a scegliere i migliori prodotti internazionali («non credo al chilometro zero»), le pezzature di pregio degli animali da macellare, gli studi di chimica applicata al cibo. Oggi, nella stagione dei masterchef, potrebbe apparire un linguaggio scontato. Ma sono in molti a ricordare che proprio Bocchia fu antesignano di quella cucina molecolare che ha riempito i rotocalchi del nuovo millennio. Prima ancora del catalano Ferran Adrià, l'«alchimista» inventore di ricette spettacolari. Lo spettacolo, però, non fa parte del vocabolario di Bocchia che, già nel 2002, mise a punto il primo menù di cucina molecolare in collaborazione con il fisico Davide Cassi, docente di Fisica della Materia all'Università di Parma. «Per me l'applicazione della scienza ai cibi - dice - è uno strumento per analizzarne i processi di trasformazione e per mettere a punto modelli che esaltino la qualità e migliorino la tollerabilità degli alimenti». Qualche esempio? L'invenzione dell'azoto liquido per la creazione istantanea del gelato, «non per stupire il pubblico ma perchè la cristallizzazione immediata consente una percezione del gusto a una temperatura ottimale senza ghiacciare la bocca». E ancora, la frittura degli zuccheri fusi che permette di ottenere la reazione di Maillard senza l'uso di grassi, mentre la lecitina di soia in sostituzione delle uova in preparazioni come maionese e pasta fresca rappresenta una scoperta preziosa per chi soffre di intolleranze alimentari. Non da ultimo, Bocchia ha introdotto in cucina l'uso dell'inulina come sostituto di grassi e zuccheri. Ma nel paradiso di Villa Serbelloni, le alchimie di Bocchia sono soprattutto al servizio di un'esperienza iniziatica del gusto. «La stella polare della mia carta resta la materia prima che scelgo in giro per il mondo: dal King crab dell'Alaska, che sono stato il primo a importare, al salmone selvaggio bianco, dal tartufo nero australiano alle mozzarelle che faccio fare...

in Trentino».

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