(...) tutte le accuse. Durante la protesta, spiega il giudice, sono stati compiuti «gravi fatti» e di «gratuita violenza». Come «ribaltamento» di auto e «distruzione di vetrine». Si tratta, ammette Nunnari, di «devastazione». Tuttavia la sola «presenza alla commissione di fatti illeciti che, in mancanza di elementi quali la dichiarata adesione, siano utili a rafforzare il volere altrui è da relegare alla mera connivenza». Continua la sentenza: «È indubbio che la mera adesione al corteo e la prosecuzione alla sua partecipazione» non assume «di per sé valenza illecita». Non solo: «Affinché il reato sia integrato, deve accertarsi altresì la componente soggettiva, data dalla rappresentazione e volizione del fatto della devastazione (volontà, ndr), dalla consapevolezza dell'inserimento del proprio agire individuale in un agire concorsuale e del contributo, sia anche limitato, ma comunque penalmente rilevante, apportato».
L'esito del primo (e finora unico) processo sui fatti del Primo maggio aveva soddisfatto i difensori Eugenio Losco, Mauro Straini, Luigi Pelazza e Niccolò Vecchioni. Non risultano allo stato altri indagati, anche se il gup ribadisce che quel giorno un «Blocco nero» di circa «300 persone» scese nelle strade in «assetto da guerra». Che aveva «un disegno univoco e una precisa strategia» e che insieme a «manifestanti pacifici» hanno sfilato «segmenti violenti». Gli atti dell'inchiesta (molti i filmati) coordinata dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli e dal pm Piero Basilone però, per il giudice non portano ad «aderire alla tesi accusatoria in merito all'esistenza di più fatti di devastazione posti in continuazione tra loro». Inoltre «la prova dell'esistenza di un fare programmato in capo al cosiddetto Blocco nero e la precisa identificazione di alcuni dei suoi appartenenti non consente di ritenere che di tale compagine abbiano fatto parte tutti coloro che, nondimeno, hanno realizzato atti di resistenza».
Secondo Nunnari, occorre evitare valutazioni che comportino «un appiattimento del fare individuale, seppure integrante un illecito, in un concorso nella devastazione». Nel caso degli imputati assolti dalla devastazione quindi mancano «gli elementi fattuali» che li inchiodino come soggetti e non come parte di una «folla in tumulto». Diverso il giudizio sui cinque anarchici greci arrestati a novembre insieme ai cinque italiani (il quinto è latitante) e per cui Atene non ha concesso l'estradizione chiesta dalla Procura milanese.
Certamente, scrive infine il gup, i coindagati «di nazionalità greca di matrice anarchica rimasti estranei al presente processo» hanno «partecipato attivamente alla devastazione». Per i pm, è importante che il reato di devastazione sia stato riconosciuto nella sentenza. È prevedibile comunque che la Procura si appelli al verdetto di primo grado.Cristina Bassi
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