Paola Fucilieri«Il questore deve guardare avanti. E metterci la faccia. Sempre. Milano è una città unica, come le persone con cui ho avuto il privilegio di lavorare qui, prima come capo della squadra mobile dal 2000 al 2004, poi come questore dal 2012 fino a oggi. Non creda però che momenti difficili, come il suicidio dell'ispettore Sandro Clemente nel dicembre di tre anni fa, non mi abbiano colpito: lo avevo avuto accanto a me alla Mobile, era abruzzese, proprio come lo sono io... Purtroppo anche gli strascichi di certe vicende giudiziarie che avevano riguardato la questura, sono eventi, realtà, che fanno parte delle dinamiche di un posto dove lavorano 6mila poliziotti».Il questore Luigi Savina è diventato il prefetto, vice capo vicario della polizia Luigi Savina. La nomina è arrivata dal consiglio dei ministri giovedì sera tardi. «Era nell'aria» sussurra lui. Anche se è da quando Alessandro Manganelli è prefetto sotto la Madonnina, cioè dal dicembre scorso, che si dice che il suo posto al Dipartimento di pubblica sicurezza del Viminale sarebbe toccato a questo abruzzese dai modi impeccabili e dalle decisioni rapide, già capo della Omicidi alla squadra mobile di Venezia quando imperava la Mala del Brenta (e il dirigente era Arnaldo La Barbera), già ai vertici della Mobile di Palermo negli anni in cui vennero catturati boss del calibro di Pietro Aglieri e Giovanni Brusca, nonché, tra gli altri incarichi di prestigio, dal febbraio all'ottobre del 2000, capo del contingente della polizia italiana in Albania e successivamente questore di Terni, Ferrara, Padova, Cagliari e infine Milano.Nel suo ufficio, al secondo piano di via Fatebenefratelli 11, c'è già aria di trasloco: si intravedono pacchi e raccoglitori in partenza verso Roma, si parla già di biglietti ferroviari (lunedì mattina Savina dovrà essere in servizio nella Capitale). E il neo prefetto è un po' frastornato, ma molto soddisfatto. Stamattina, come faceva ogni mese e mezzo, conferirà nella sua anticamera i suoi ultimi 150 elogi al personale, applaudendo e congratulandosi con uomini e donne in divisa che riceveranno dalle sue mani una pergamena di riconoscimento. Ieri pomeriggio un mezzo Amsa puliva il piazzale interno alla questura dove, sempre oggi in mattinata, saranno in duecento a salutarlo.Non è facile lasciare Milano.«Qui, oltre a lavorare con grandi risultati, si sono concretizzati anche grandi momenti della mia vita privata. Mio figlio Vincenzo, 31 anni, il maggiore, si è laureato già diverso tempo fa alla Bocconi; io mi sono risposato con Francesca, conosciuta quando ero a Padova, e da questa unione sono nati due altri bambini, Gianluigi, un anno e mezzo e Adele, 23 giorni appena. Ora questo incarico prestigiosissimo... Sono onorato che il premier Renzi, il capo della polizia Pansa e il ministro Alfano abbiano pensato a me».Certo in questa città le sfide non mancano mai. Perché secondo lei?«Possiede l'innovazione di non spaventarsi davanti al nuovo, ma di prenderlo, ragionarci su. Per tirarne fuori poi dei modelli veri e propri, dalla cultura alla sicurezza».Ad esempio Expo?«Beh, mi pare chiaro che a Milano oltre all'innovazione c'è il gioco di squadra: le idee del singolo passano in secondo piano davanti ai bisogni della comunità. E qui ho avuto la fortuna di lavorare con persone eccezionali, di ogni ordine e grado: senza le persone non si fa nulla. Sono le persone che hanno permesso a Expo di essere un evento internazionale».E prima ancora l'Asem, durante il semestre europeo.«Certo: 54 capi di stato e di governo, personalità del calibro della Merkel e Hollande che raggiungono Palazzo Reale passeggiando per la strada, tra la gente, senza nessun tipo di timore e, addirittura, fermandosi a bere l'aperitivo in tutta tranquillità... Che dire? Del resto non dimentichiamo che Milano è sede di circa 120 consolati, il più alto al mondo, più di New York per intenderci! Credo che anche questo sia indicativo degli stimoli offerti da questa città».Qualcuno, durante gli incontri pre Expo l'aveva definita, «rapido e determinato». Sono caratteristiche che le si addicono?«Cerco sempre di essere in prima linea. È una lezione che s'impara alla squadra mobile questa: quando c'è da catturare un grosso latitante il dirigente parte davanti a tutti».
Quali restano le priorità di Milano sulla sicurezza?«C'è stato un calo notevole dei reati, ma la criminalità organizzata deve essere tenuta sotto controllo. In ogni caso c'è un'ottima squadra mobile, una eccellente Dda (Direzione distrettuale antimafia), senza dimenticare il lavoro della prefettura sul controllo degli appalti».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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