Cronaca locale

Clochard di nuovo sgomberati ma non c'è luce in fondo al tunnel

Il Comune allontana i disperati dal sottopasso della Centrale. Sequestrate tende e sacchi a pelo. I più ribelli sulla Volante

Clochard di nuovo sgomberati ma non c'è luce in fondo al tunnel

Eh sì: non esiste un modo pulito di fare piazza pulita. Ieri mattina alle 10 il Comune manda, per la seconda volta in un mese, la Polizia locale a sgomberare i disperati che stanno nei tunnel della Stazione Centrale. Ed arriva la conferma che quando i problemi vengono lasciati marcire, poi risolverli diventa dannatamente difficile.

Nei tunnel avvengono scene desolanti. Una umanità disastrata assiste al sequestro delle sue poche cose: sacchi a pelo, tende, materassi e coperte vengono caricati sui furgoni della Protezione civile. «Puoi andarli a ritirare in via Barzaghi», dice il vigile al disperato, mettendogli in mano un improbabile biglietto plurilingue. «E dov'è?». Ovviamente in via Barzaghi non ci andranno mai, le cose sono perse e persi sono loro. Perso il ragazzo del Gambia che implora nel tunnel di via Zuccoli, e riesce a farsi ridare almeno il materasso. Ancora più persi sono quelli del tunnel di via Lumiere, che sbucano a quattro per volta dalle tende, con il brik del rosso in mano, barcollano, urlano, spaccano le bottiglie come per aggredire, fin quando il più agitato - a torso nudo, e siamo a zero gradi - rimedia una sberla che lo fa calmare. Non stanno in piedi, il sogno italiano è già diventato uno schifo. O forse non è mai cominciato.

Tra le cartacce e le chiazze di vomito emergono brandelli di storia. Dalla quarta tenda esce una ragazza alta e bionda, un tempo bella. Chi sei, da dove vieni? Non fa in tempo a iniziare a rispondere che dal bivacco sbuca un ragazzo africano, la trascina dentro per un braccio, attacca il giornalista a brutto muso: «La devi lasciare stare, non le devi parlare». La bionda è roba nostra. Due passi più in là un materasso, ci dormono sopra in tre, nonostante il baccano continuano a dormire o a fingere di farlo, i «ghisa» devono scrollarli. Due se ne vanno smadonnando nella loro lingua, lasciando lì tutto tranne una tenda che trascinano fino in via Ferrante Aporti e ripiazzano sul marciapiede appena girato l'angolo. Tenda o non tenda, con materasso o senza, da qualche parte dovranno andare in attesa di ritornare qua sotto. Il terzo non si muove neanche, rimane incollato al materasso. «Stai male, dobbiamo chiamare l'ambulanza?». «Non sto male. Non ho voglia di alzarmi».

Un paio d'ore prima erano passati servizi sociali e mediatori culturali a fare l'ultima offerta di accoglienza o di resa, annunciando lo sgombero imminente e proponendo posti letto in mezzanini e ricoveri. Ma questi il posto letto ufficiale non lo vogliono. Non è per la riluttanza a essere identificati, registrati. É che ormai viaggiano su un'altra frequenza, tra tavernello e chissà quali droghe, tra disperazione e malattie. Uno mostra a un vigile la mano piagata. «Devi farti curare, devi andare in ospedale». Niente da fare, la galleria li ha inghiottiti, la loro colonna sonora è il rullare dei treni e riescono a provare solo rabbia e diffidenza.

Così alla fine l'unica strada, l'unica proposta, è lo sgombero: a brutto muso, come tutti gli sgomberi, e chi si ribella troppo viene portato via dalla Volante. Le povere luride cose vengono separate un po' a casaccio, qualcosa finisce ammucchiata in via Barzaghi, qualcosa direttamente in direzione discarica. Il popolo del tunnel si sfalda e si dilegua.

Ma davvero non c'è luce in fondo a questo tunnel.

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