In coda sotto la pioggia I milanesi: «Ciao Enzo»

Una fila ordinata, silenziosa. Religiosa. Ombrelli aperti sotto la pioggia ininterrotta, la coda parte dal cancello d'ingresso della clinica Columbus e arriva fino alla porta d'accesso della camera ardente dove riposa Enzo Jannacci. Nessuno parla, chi lo fa ha un tono sommesso. Volti noti del mondo dello spettacolo e della politica si mescolano alla persone comuni. Gente giovane negli anni '70 viene a salutare l'artista che «ci ha accompagnato per tutta la vita, è un pezzo della nostra storia e della storia di Milano», dicono i coniugi Paola e Riccardo Bonali. Ai quali fa eco un'altra coppia, Elisabetta e Franco Domenighini: «Volevamo manifestare il nostro affetto verso un uomo intelligente e di talento. Le sue canzoni erano straordinariamente innovative, forse persino troppo moderne per i tempi». Moltissimi lasciano fiori, biglietti con frasi tratte dalle sue canzoni più celebri. Dalla tarda mattinata in poi arriva chi lo ha conosciuto e accompagnato sulla scena musicale: Tony Dallara, che con Jannacci aveva cantato sul palco del Derby, l'ex Iena Paolo Kessisoglu, Moni Ovadia e Aurelio Ponzoni («Cochi» del duo Cochi&Renato con Renato Pozzetto), Paolo Rossi (insieme a Jannacci al Festival di Sanremo del 1994), il direttore del Teatro della Cooperativa Renato Sarti, il cantante Ricky Gianco. C'è lo storico giornalista Rai Bruno Ambrosi che ricorda: «Insieme a Giorgio Gaber e a Beppe Viola, che con i suoi testi fu il vero ispiratore di Jannacci, se ne va un'altra voce di una Milano in cui si respiravano spinta, calore, voglia di rifarsi dal dopoguerra».
E poi esponenti politici: l'ex primo cittadino Carlo Tognoli, l'ex assessore alla cultura Stefano Boeri. Verso le 16 arriva anche il sindaco Giuliano Pisapia assieme alla moglie. «L'ultimo ricordo che ho di Jannacci? Il giorno del suo compleanno, che è anche vicino al mio (inizio giugno e fine maggio, ndr), ognuno di noi ha mandato come regalo all'altro un libro». Ma l'affetto è intergenerazionale. Ci sono anche tanti giovani che, in attesa dei funerali previsti per dopodomani alle 14.45 nella basilica Sant'Ambrogio (oggi e domani invece la camera ardente si sposta al Teatro Dal Verme), sono venuti a salutare quella voce conosciuta da bambini. Come Andrea Lupo, 40enne milanese che ora vive in Norvegia. «Sono tornato per le vacanze di Pasqua, non potevo non venire. Jannacci lo ascoltava mio padre, mi ricorda una Milano operaia e da osteria. E l'età spensierata dell'infanzia: le sue canzoni mi facevano ridere». Ricordi di gioventù che accomunano anche chi non è nato e cresciuto qui. Come Michele e Margherita, 33 e 28 anni, di Verona. «Siamo qui in vacanza, sono voluta passare per un saluto all'uomo che mi ha regalato ore di canzoni cantante in auto insieme a mia madre», dice lei.

La loro preferita è «El purtava i scarp del tennis». E non sono i soli. Una fan, ieri, dopo essere tornata a casa è uscita di nuovo e si è rimessa in coda per lasciare vicino alla salma un paio di scarpe da tennis. «Mi sembrava che mancasse qualcosa», ha spiegato.

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