Un Pd capace di vincere da solo. La scommessa è questa. I renziani milanesi hanno cambiato passo e l'obiettivo dichiarato sono le Comunali del 2016. Il voto delle Europee è stato il punto di partenza, il clima di euforia alimentato dalla iattanza di Matteo Renzi sta facendo il resto. La novità è che il Pd non si nasconde più. Anzi, un'analisi attenta delle ultime mosse dei Democratici porta a una conclusione certa: il Pd sta «provocando» gli alleati, costringendoli di fatto a un ultimatum: andare soli o mettersi a «cuccia» in una posizione definitivamente subalterna. Le parole molto chiare del segretario Pietro Bussolati sono solo l'ultima conferma: «Non siamo egemonici ma neanche timidi» ha detto di recente. «Sosteniamo Pisapia se si ricandida, altrimenti abbiamo al nostro interno abbiamo tante altre opzioni» aveva già avvertito. Tradotto (neanche tanto) significa: comandiamo noi. Il convegno che gli alleati no global hanno dedicato a Expo ha segnato un punto di non ritorno della sopportazione dem verso gli alleati. E la goccia che ha fatto traboccare il vaso va fatta coincidere con le parole del sindaco, Giuliano Pisapia, alla festa di Sel, quelle parole irrituali (ma non infondate) sulla discrepanza fra base e vertice a cui lo stesso Bussolati ha risposto a brutto muso, facendo seguire un vertice a Palazzo Marino in cui il primo partito ha battuto i pugno sul tavolo, inducendo gli altri a una ragionevole ritirata.
Le iniziative degli ultimi giorni non sono che tappe di avvicinamento ulteriori alla sfida finale. Da un lato il «cappello» messo sulla M4 con il convegno in Sala Alessi, dall'altro l'assemblea convocata sul tema caldissimo dei centri sociali abusivi. Tappe di una «campagna elettorale permanente» giocata in proprio. Per il Pd non ci sono più tabù ideologici, non c'è più il timore di restare scoperti sul fianco sinistro. Dal sindacato al Leoncavallo, tutti i vecchi totem si possono giocare sul tavolo della scommessa renziana: scontentare la propria base sì, ma per conquistare nuovi elettori. Quello che Pisapia ha svelato come un punto debole, dalle parti di Renzi viene ribaltato e visto come un azzardo (per ora) vincente: perdere pezzi di «zoccolo duro» per seguire gli elettori centristi. Una lezione il Pd milanese ha capito e vuole applicare in città. Un esempio lampante sono le parole che Bussolati ha dedicato alle nuove norme sulla responsabilità civile dei magistrati: «Una scelta di civiltà che arriva 28 anni dopo il referendum» ha scritto. Questa sobria soddisfazione gli è valsa una selva di fischi da «amici» di facebook e presunti compagni. Insulti e accuse di tradimento a cui ha risposto senza fare un plissé : prima ha ricordato che una riforma «condivisa dal centrodestra» non dev'essere necessariamente sgradita a sinistra (evidenza lapalissiana finora mai accettata). Poi ha sentenziato in pratica: «Questa non è la base». E anche se lo fosse...pazienza - avrebbe potuto aggiungere. Una svolta semplice semplice, che i partiti socialisti europei hanno compiuto da decenni ma che in Italia e a Milano i dirigenti post-comunisti non hanno mai neanche tentato (e non è una questione anagrafica, basti pensare alle pallide prove di giovani segretari come Pierfrancesco Majorino, Roberto Cornelli e Maurizio Martina).
Bussolati canta vittoria per i 9.663 iscritti nell'Area metropolitana, poi deve riconoscere che si tratta di una tenuta rispetto al 2012, con un calo - del 15% circa - dal 2013.
Non è questione di numeri ma di politica e «vocazione maggioritaria». Il messaggio diretto a Pisapia e (ex) compagni è ormai esplitico: la ricreazione è finita, comandiamo noi e chi non ci sta può andare a sognare sinistre arcobaleno con Alexis Tzipras o Maurizio Landini. Altrove.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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