Sulla moschea di via Faà di Bruno il Comune adesso fa sul serio. Dopo anni di proteste dei cittadini, segnalazioni dei condomini e iniziative del Municipio, gli uffici di Palazzo Marino stringono i tempi, danno un ultimatum di 90 giorni e avvisano l'associazione islamica: «Ripristinare nel locale ubicato al piano seminterrato la destinazione a laboratorio» oppure il locale «sarà acquisito di diritto gratuitamente al patrimonio del Comune».
L'antefatto è noto: il seminterrato di via Faà di Bruno-via Cosenza, formalmente destinato a «laboratorio», viene utilizzato come luogo di preghiera, al di fuori di ogni previsione edilizia, e questo fra l'altro pone problemi di sicurezza agli stessi frequentatori del centro islamico. Dopo aver ordinato il ripristino già nel 2016 e due volte nel 2018, il dirigente comunale pochi giorni fa ha firmato un nuovo ordine notificandolo alla proprietà del seminterrato e all'associazione «culturale» che ha preso in affitto gli spazi, la «Sri Lanka islamica welfare center». ora i destinatari del provvedimento devono ristabilire la destinazione originaria e legittima, pena questa «requisizione» che interverrà entro 90 dalla ricezione dell'atto comunale.
Adesso le ipotesi sono tre: o i destinatari ottemperano all'ordine, o ricorrono al Tar entro 60 giorni contro il provvedimento del Comune, o rischiano di vedere l'immobile che passa al patrimonio di Palazzo Marino: «Lo si capisce lontano un miglio che quella non può essere la sede di un'attività di preghiera - spiega il presidente del Municipio, il leghista Paolo Bassi - e noi a dire il vero lo diciamo da anni, senza alcuna ostilità ideologica». Bassi in effetti, già da capogruppo dell'opposizione aveva sollevato il caso, ma la sua mozione, che chiedeva una soluzione era stata bocciata: «Qualcuno ha negato che ci fosse il problema - spiega Bassi - altri hanno fatto finta di non vedere. Ma adesso gli atti tecnici, amministrativi, ci danno ragione». Bassi ha commentato la notizia insieme al presidente e al vicepresidente della commissione Sicurezza del Municipio, Francesco Rocca ed Emanuela Bossi: «Un unico rammarico dicono è aver sentito tanto, troppo, lontano Palazzo Marino. A eccezione di alcuni consiglieri comunali di centrodestra non si è mai levata una voce a sostegno della nostra azione tesa a riportare decoro e sicurezza in questo spicchio di periferia. In molti hanno preferito ignorare la preoccupazione dei cittadini e le istanze del Municipio». La vicepresidente del Consiglio municipale, Rosa Pozzani (Fi), ricorda: «Dal 2015 i residenti aspettano di vedere rispettato il loro diritto alla sicurezza. Da tempo seguo da vicino la vicenda e questa nuova ingiunzione sembra andare nella direzione giusta». «Continuerò a seguire questo nuovo iter - avverte - ciò che mi preoccupa infatti è che, sgomberata la moschea abusiva, acquisiti i locali da parte dell'Amministrazione Comunale, questi non vengano destinati ad usi che potrebbero risultare nuovamente penalizzanti per i condomini e i residenti». E il vice capogruppo comunale di Fi Alessandro De Chirico, attacca: «Dopo quasi tre anni di immobilismo la sbadata amministrazione comunale finalmente si ricorda che la sicurezza pubblica è una delle prerogative attribuite al Comune».
De Chirico chiama in causa l'assessore: «Che fine hanno fatto i buoni propositi di Maran per l'applicazione pedissequa dell'articolo del regolamento edilizio che riguarda l'esproprio per motivi di ordine generale delle proprietà private inutilizzate?». E infine solleva il caso della «ex-balera di via Val Bogna, distante meno di 300 metri e occupata dai centri sociali, un caso per cui «i cittadini chiedono da mesi di intervenire».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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