Far entrare la città nel carcere. Questa la filosofia sottesa all’apertura di un ufficio dell’anagrafe nella casa circondariale di Bollate. Il secondo mercoledì del mese dalle 9 alle 12 impiegati del settore anagrafe di Palazzo Marino saranno a disposizione dei detenuti e degli agenti di polizia giudiziaria per rilasciare carte di identità, cambi di indirizzo, stati di famiglia, certificati, tutti i documenti in sostanza che si possono richiedere a questo servizio. «Ce n’era proprio bisogno» dicono detenuti e agenti che hanno già raccolto una trentina di richieste. E tante sono ogni mese le domande di certificati.
Attenzione però: lo sportello dell’anagrafe non è una prerogativa del carcere di Bollate, nonostante sia considerato un’istituzione modello in Italia. «Il reinserimento sociale e lavorativo dei nostri detenuti funziona, abbiamo un bassissimo tasso di recidiva - ricorda il direttore Massimo Parisi - che si aggira intorno al 10%». Uffici decentrati, infatti, si trovano già a san Vittore e a Opera. Ora anche i detenuti di Bollate «potranno sentirsi cittadini a tutti gli effetti - ha spiegato l’assessore al Decentramento Daniela Benelli - a pieni diritti e non con diritti affievoliti» Il servizio è costato 1200 euro. «Questa è la dimostrazione - commenta Benelli - che si possono fare grandi cose anche con risorse minime».
«Questo continuo scambio tra Comune e carcere deve continuare per creare un’osmosi senza la quale voi detenuti non vi potete sentire cittadini»: il commento dell’assessore alla Casa e al Demanio Lucia Castellano, intervenuta in qualità di ex-direttrice del carcere modello. Castellano, commossa dalla calda accoglienza ricevuta, ha ribadito «il principio dei vasi comunicanti che deve regolare il rapporto tra carcere e Comune». A questo proposito, il direttore Parisi ha annunciato l’apertura di nuovi servizi «per rendere sempre più estesa la Rete Civica che fa del carcere una piccola città e i detenuti veri cittadini». Tra le possibilità al vaglio ci sono anche le aperture di sportelli dell’Agenzia delle entrate e dell’Inps.
Ma come hanno fatto fino ad ora i 1100 detenuti circa e i 400 agenti di polizia giudiziaria? «Fino ad oggi - spiega un detenuto - dovevamo affidarci alla disponibilità dei volontari.
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