Non può essere un qualunque funzionario comunale a staccare la spina della musica ad un locale accusato di disturbare la quiete pubblica. La eterna lotta tra divertimento e riposo, tra movida e dormiglioni, si arricchisce di un nuovo episodio: grazie ad un errore della burocrazia comunale, un noto pub di piazzale Martini ha avuto dal Tar il diritto di riaccendere gli impianti musicali che erano stati spenti su ordine di Palazzo Marino. Nell'ordinanza, si sottolinea come la legge riconosca solo e soltanto al sindaco il diritto di emettere provvedimenti di questo tipo.
Protagonisti della vicenda sono l'Athmos Cafè, un locale dove da sempre si tengono concerti, specialmente di blues, e l'inevitabile condomino in guerra contro il volume troppo alto degli altoparlanti. L'inquilino ha fatto partire un esposto all'Arpa; i funzionari dell'agenzia dell'ambiente sono andati sul posto armati di rilevatori acustici, e hanno messo a verbale che effettivamente i decibel sforavano i limiti di legge. Appena ricevuto il rapporto Arpa, il 30 ottobre scorso, il settore Politiche ambientali del Comune ha fatto partire il divieto assoluto di utilizzo di impianti di diffusione sonora tra le 10 di sera e le 6 del mattino. «Un divieto - racconta Giuseppe Cordedda, l'avvocato dell'Athmos Cafè - che i vigili hanno fatto applicare in modo piuttosto estensivo, praticamente veniva azzerato anche il volume del televisore».
Giusto o troppo severo, il divieto del Comune? Il tema, come è noto, è assai dibattuto. Ma una cosa, ha scritto l'avvocato Cordedda nel ricorso al Tar della Lombardia, è certa: l'unica autorità che per legge poteva emettere un divieto del genere era il sindaco Giuliano Pisapia.
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