Il congresso della Cgil finisce a botte

Il congresso della Cgil finisce a botte

Le mani addosso tra di loro, finora, non se le erano ancora messe. Ieri la Cgil milanese deve prendere atto che un'altra frontiera è stata valicata: e il confronto interno, sempre più aspro e lacerante, segna il passaggio alle vie di fatto, con un sindacalista spedito all'ospedale dai suoi stessi compagni, e un dirigente storico dell'organizzazione come Giorgio Cremaschi che viene accusato di avere cercato a tutti i costi lo scontro ai soli fini della propria visibilità mediatica.
Tutto accade al teatro Franco Parenti di via Pier Lombardo, dove ieri era convocata la riunione dei quadri dirigenti della Cgil nei luoghi di lavoro per discutere dell'accordo nazionale sulla rappresentanza. Si tratta di un accordo contestato apertamente dai «duri» dell'organizzazione sindacale, con in testa la Fiom di Maurizio Landini. Anche in vista di una assemblea calda e difficile, la Cgil aveva deciso che a dirigere i lavori sarebbe stata Susanna Camusso, il segretario generale, che a Milano ha fatto tutta la sua carriera sindacale prima di arrivare ai vertici nazionali. Una, per capirsi, che sa per che verso prendere le contestazioni.
Ma neanche la Camusso probabilmente si aspettava quanto accade al Franco Parenti, con l'irruzione di Giorgio Cremaschi seguito da una decina di compagni. Della Fiom, Cremaschi - pur non avendo lavorato in una fabbrica metalmeccanica per un solo giorno dei suoi sessantasei anni di età - è stato dirigente prima a Brescia, poi a Torino, poi a Roma. Attualmente in Fiom non ha più alcuna carica, ma si sente ugualmente assai vicino alla leadership di Maurizio Landini: una leadership che, a costo di una rottura con le tradizioni della Cgil in questo settore, sta incarnando una deriva radicale che la rende più simile alla Fim Cisl degli anni Settanta e Ottanta che alla vecchia, seria e responsabile organizzazione dei metalmeccanici comunisti dell'epoca di Bruno Trentin e Pio Galli.
Sta di fatto che Cremaschi si presenta in teatro, chiede di parlare, non si capisce bene a che titolo. Gli viene detto di no dal servizio d'ordine. Lui insiste, e il servizio d'ordine della Cgil lo ferma senza troppi complimenti. Sul parapiglia che ne segue, come al solito, le versioni contrastano. Uno dei seguaci di Cremaschi crolla al suolo dicendo di essere stato colpito, e viene portato fuori a braccia. Cremaschi stesso, e di questo ci sono le immagini, viene afferrato per la collottola e portato su per le scale. Conseguenza inevitabile: della discussione sulla rappresentanza i media si disinteressano, mentre le immagini di Cremaschi strattonato fanno il giro del web.

Ma anche l'incidente di via Pier Lombardo dà l'occasione alle diverse anime della Cgil di dimostrare la lontananza che le separa: con da una parte Nino Baseotto, segretario regionale, che dice «sarebbe stato carino da parte di chi ha fatto questa buriana lasciare la parola ai rappresentanti dei luoghi di lavoro che oggi sono qui», e Susanna Camusso che va giù ancora più piatta, «Cremaschi ha mancato di rispetto ai rappresentanti del mondo del lavoro che oggi dovevano parlare, questa scena l'abbiamo già vista, a Roma il 30 aprile, quando fece la stessa cosa all'inizio dei lavori per avere trenta secondi di televisione, senza l'interesse di ascoltare gli altri»; e dall'altra Maurizio Landini, che pur ricordando che Cremaschi non è più della Fiom, afferma che siamo davanti ad una prova della «gestione autoritaria della Cgil».

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