Alla fine il presidente del consiglio Giuseppe Conte, in chiara difficoltà visto l'ordine sparso con cui le regioni del Nord, le più colpite dal virus, hanno recepito il decreto, è volato in Lombardia. Atterrato a Milano alle 19,30 per una riunione in Prefettura con il governatore Attilio Fontana, il sindaco Beppe Sala e il neo presidente di Confindustria Carlo Bonomi ha voluto convincere il Nord che «non ci sono ancora le condizioni per tornare alla normalità». Poi si sposterà a Bergamo e a Brescia per incontrare i sindaci. Guarda caso le province d'Italia più stremate dall'emergenza Covid, che non aveva ancora degnato nemmeno di una visita. Non solo, cui aveva negato la creazione di una zona rossa, in alcuni comuni della bergamasca, le cui conseguenze bruciano ancora tra la popolazione. «Non sono venuto nella fase più critica perché avrei creato intralcio» si è voluto giustificare a microfoni spiegati. Ieri i governatori delle regioni produttive, Lombardia in primis, Veneto, Friuli, Emilia Romagna hanno emanato, o sono sul punto di farlo, decreti regionali che allentano le misure per la «Fase 2», che sembra piuttosto una «fase 1 e mezzo».
Durante la giornata non ha risparmiato le critiche al DPCM il presidente Fontana: «Bisogna cercare di limare ancora un sacco le regole. Non si è entrati nel merito di alcuni problemi fondamentali come per esempio l'obbligatorietà o meno dell'uso delle mascherine, come faranno i genitori a tenere a casa i bambini se entrambi lavorano e gli asili nido e le scuole e, presumibilmente secondo recenti dichiarazioni dell'ISS anche i centri estivi, sono chiusi». Poi sul tema dei controlli al rispetto delle nuove norme, come già anticipato domenica al termine della cabina di regia Governo - enti locali: «Chi effettuerà i controlli per bloccare ad esempio la salita sui pullman?» si chiedeva. Per mettere i puntini sulle «i» il governatore ha messo in mano al premier, al termine del confronto, un documento per fissare nero su bianco le priorità per i principali stakeholder del sistema lombardo. Nel mirino i sostegni alle famiglie (insufficiente il 50 per cento della retribuzione per congedo), semplificazione per far ripartire aziende e cantieri, chiarezza sui controlli sui mezzi.
«Passiamo da una fase in cui il virus ci ha steso a una fase di reazione, di controffensiva: non dobbiamo morire di Covid e neanche morire di fame, noi dobbiamo riuscire a reagire, a lavorare», spiegava il vicepresidente della Regione Fabrizio Sala durante il punto sull'emergenza. «I dati di oggi su ricoveri e terapie intensive sono in linea con il trend degli ultimi giorni, diminuiscono molto. Siamo a 680 ricoveri in terapia intensiva, rispetto al 3 aprile sono più che dimezzati». Dimezzati anche i nuovi contagi, 590 rispetto ai 920 del giorno precedente, più alti i decessi, 124. Sono 1.409 i lombardi dimessi ieri.
La locomotiva d'Italia vuole andare avanti, come sta già facendo il Veneto: «Allo studio misure lombarde per le attività produttive che sarebbe opportuno che condividessimo anche con le Regioni limitrofe per evitare decisioni che devono cambiare al cambio del territorio» spiegava il governatore. Sul rischio dell'ordine sparso, Conte ha voluto richiamare l'attenzione: «Un piano nazionale è un principio di razionalità che ci consentirà di governare la fase due, se ognuno va per la sua strada diventa impossibile».
Ma la preoccupazione lombarda è l'economia: «negozi, bar, ristoranti, un intero comparto rischia di scomparire. Sono stato sempre molto rigido - ricorda Fontana - nel momento in cui era necessario, adesso bisogna cercare di capire fino a che punto possiamo andare e dobbiamo cercare di adottare anche qualche atteggiamento un po' coraggioso».
Così il presidente con l' Arcidiocesi ha studiato come poter riaprire le chiese per consentire le celebrazioni religiose.«Con il premier cercheremo di trovare una soluzione che possa essere condivisa» la sintesi diplomatica del presidente Fontana.
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