La coppia mista: botte a moglie e figli

La donna, una giovane italiana, e tre bambini picchiati da un tunisino. L'uomo è stato arrestato

«La moglie? È terrorizzata, il marito gliel'ha giurata: “Ricordati che come ti ho fatto fare tre figli te li posso anche ammazzare“». L'agente di polizia Giovanni Coppola, 28 anni e da tre in servizio al commissariato «Città Studi», racconta una delle sempre più numerose vicende nascoste dietro le mura di casa delle coppie cosiddette «miste»: lei cristiana, per lo più cattolica non praticante, lui musulmano ortodosso. La mattina di Santo Stefano, alcuni colleghi del commissariato e dell'Ufficio prevenzione generale della questura, ci hanno messo qualche ora a capire, a comprendere in quale inferno fossero finiti. «In un primo tempo, infatti, il tunisino si ostinava a nascondere le banconote false che teneva in casa. Solo dopo molte insistenze, scoppiando in un pianto liberatorio, dalle parole della moglie abbiamo compreso che in ballo c'era ben altro in quella casa».

A far piombare la polizia in quel bilocale al piano rialzato di via Strambio erano stati i genitori di Elena (nome di fantasia), casalinga 33enne, sposata con Saidi Ben Hmida, 38enne tunisino, barista in un bar di corso Como. L'uomo ha precedenti per spaccio, violenza e minacce. Ed è stato un picchiatore di mestiere. Con i suoi 120 chili per un metro e ottanta di altezza vanta tre titoli vinti in Tunisia come pugile professionista. Fin qui nulla di male se l'uomo ora, anziché sul ring, non si «esercitasse» a casa, colpendo la moglie, ma anche i tre figli: una bambina di 5 anni, una di un anno e un maschietto di 2. «E pensare che nel 2004 l'ho sposato proprio perché era troppo geloso: speravo si calmasse» confesserà più tardi la donna alla polizia.

«Quando siamo arrivati, la figlia maggiore della coppia e il fratellino erano seduti sul divano, composti come soldatini e piangevano in silenzio - spiega l'agente -. Eravamo lì dopo che la nonna materna dei piccoli ci aveva chiamato disperata. La figlia, approfittando dello scroscio dell'acqua mentre era in bagno, aveva inviato alla sorella un sms che non richiedeva particolari interpretazioni: “Ci sta ammazzando di botte”. Impossibilitata a muoversi, la sorella aveva allertato i genitori che ci avevano atteso all'esterno del palazzo di via Strambio, in lacrime. “Lui dice che non possiamo andare a trovare i nostri nipotini a casa sua: teme che li educhiamo male, che li nutriamo con la carne”, ci hanno spiegato il padre e la mamma di Elena prima che entrassimo in casa del genero».

Tutto era iniziato qualche ora prima. Il tunisino aveva chiamato il fratello al telefono, invitando la figlia di 5 anni, svegliatasi da poco, a «salutare lo zio». La bambina aveva risposto di non averne voglia.

«Il tunisino ha perso subito le staffe - racconta Coppola -. Ha chiuso la comunicazione con il fratello, tirato giù bruscamente le tapparelle, mettendosi a gridare come un forsennato in faccia alla moglie. Il bimbo di 2 anni ha chiesto al padre di lasciare in pace la sua mamma. Il tunisino allora ha afferrato il figlio per i fianchi (sui quali il piccolo ha due grossi lividi) quindi lo ha preso a schiaffi intimandogli di non parlare più. Elena intanto ha preso in braccio la bambina di un anno; il marito, allora, l'ha trascinata in camera da letto per un braccio, le ha strappato la figlia lanciandola sul letto e si è scagliato nuovamente contro la moglie colpendola con una ginocchiata allo stomaco».

A quel punto Elena cerca di calmare il marito, spiegando che la figlioletta non aveva voluto salutare lo zio paterno per troppa timidezza. «Al solo sentire la parola “timidezza” il tunisino si è imbufalito ulteriormente. Ha afferrato la bambina, tenendola per la pelle del petto e l'ha sollevata a mezz'aria, mostrandola alla madre al grido di “Questa per te è timida?“ - spiega ancora Coppola -. Poi ha lanciato la piccola contro un termosifone sul quale la piccola è atterrata con una spalla: ora è piena di lividi».

Il magistrato di turno conviene che il tunisino debba essere subito portato in carcere e allontanato dalla famiglia.

«In macchina, nonostante noi ci ostinassimo a ripetere che ci avevano avvertito i vicini, l'uomo ha continuato incessantemente a chiedere: “È stata mia moglie a chiamarvi? Ditemi se è stata mia moglie!” Ora capisco perché quella donna ha tanta paura», conclude l'agente.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica