Milano si trasforma in una specie di Las Vegas. Niente abiti alla Elvis né boa di struzzo. Ma siamo arrivati al punto in cui a «celebrare» le unioni civili è un esperto di bellezza, nella fattispecie l'amministratore delegato di un'azienda che produce macchine per trattamenti estetici da vendere a parrucchieri e centri benessere.
Ieri a Palazzo Litta hanno sancito la propria unione di fatto una ventina di coppie. A celebrare il momento sono stati Federico Montanari, ad del gruppo Dermal, e l'assessore alle Politiche sociali Pierfrancesco Majorino (nella foto). Che ufficialmente era presente all'evento solo come invitato ma che in realtà si è trovato a stringere le mani dei novelli «sposi», a fare foto e a salutare pubblicamente i presenti con tanto di microfono e targa con nome e cognome sul tavolo cerimoniale. Insomma, una presenza ufficiale da assessore, anche se il Comune di Milano non ha concesso alcun tipo di patrocinio all'evento privato.
Suo malgrado, Majorino si è trovato a mettere la faccia sulla consegna delle pergamene alle coppie. Il tutto a fianco di un enorme totem pubblicitario su un trattamento estetico e di fianco alla madrina della kermesse: Melita Toniolo, in arte «Melita diavolita».
Un'operazione di marketing bella e buona, con sponsor e tutto il resto. Sono diventare questo le unioni civili volute dal Comune di Milano? Una carnevalata che si addice più a una festa in una palestra che all'espressione di un diritto conquistato a suon di delibere, sedute consigliari e battaglie (legittime) civili.
Le famiglie cattoliche inorridiscono di fronte al cattivo gusto dell'unione con lo sponsor e si augurano che si tratti solo di una «scivolata» che il Comune non replicherà mai più.
L'area cattolica del Pdl resta senza parole. Anche perché ieri è toccato a un centro estetico, domani potrebbe toccare a chissà chi organizzare «feste» del genere. Dal punto di vista di un'azienda che opera nel settore del benessere, l'evento non fa una piega, anzi, è una trovata furba. Ma nel reclamizzare l'iniziativa si è parlato con un po' troppa disinvoltura di «matrimonio» e di «promesse». Come se le ore di dibattito a Palazzo Marino per sottolineare la differenza tra matrimonio e unione di fatto non fossero servite a nulla.
Insomma, il linguaggio del marketing e quello della politica non sempre si sposano. E forse non andrebbero nemmeno mescolati.
Il consigliere Matto Forte non usa mezzi termini. «Che il Comune di Milano si presti a show del genere significa perfino sminuire il ruolo della politica - commenta -.
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