«Corruzione segno di una politica smarrita»

«Corruzione sempre più dilagante» e «tracce di infiltrazioni di una criminalità organizzata sempre più diffusa». Così la Curia interviene sulle vicende politiche e giudiziarie che stanno scuotendo il palazzo della Regione. Nessun riferimento diretto, perché anzi si parla di una situazione che riguarda «tutta la nazione», ma resta chiaro che le parole arrivano a Milano in questi giorni in cui le dimissioni della giunta regionale sembrano ormai una questione di giorni.
A firmare la nota è monsignor Luca Bressan, vicario dell'arcivescovo, Angelo Scola, che spiega di non volersi sostituire alle sentenze dei tribunali. «Senza volere anticipare giudizi e rispettando il giusto lavoro di indagine e di appuramento della verità che compete alla magistratura, gli scandali delle ultime settimane possono infatti essere interpretati come l'ennesimo segnale di una politica che ha smarrito la sua vocazione originaria». E cioè la vocazione ad «essere lo strumento che permette, attraverso il buon governo, la custodia e la difesa del bene comune, e soprattutto la tutela dei diritti dei più deboli».
Parole che ricordano l'intervento del presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco, il 24 settembre scorso. E interventi dell'arcivescvo Angelo Scola e del suo predecessore, Dionigi Tettamanzi. La Curia teme che la corruzione dilagante non possa più essere considerata un insieme di singoli casi, ma che abbia un significato più profondo: «Il fenomeno di una corruzione sempre più dilagante, come pure le tracce di infiltrazioni di una criminalità organizzata sempre più diffusa in tutta la nazione, vanno letti non soltanto come segni dell'indebolimento del codice di moralità di singoli attori della politica (segnale di un degrado morale da condannare e combattere), ma più profondamente come il campanello di allarme che annuncia il grave stato di crisi del sistema politico nel suo insieme (segnale di un degrado ancora più grave e sistemico)».
L'approvazione da parte del Senato del disegno di legge anticorruzione, avvenuta qualche giorno fa, è valutata positivamente, come «un avvenimento che merita di essere evidenziato, inserito come è in un contesto politico che ormai da mesi trasmette segnali di malessere e fatica ad assumere comportamenti adeguati alla crisi (non soltanto economica, ma espressione di un più ampio travaglio culturale) con cui si sta misurando la popolazione, italiana ma non solo». E «si tratta di un segnale positivo, della manifestazione di una volontà di rinnovamento che merita di essere incoraggiata».
Ed ecco l'auspicio per il futuro: «Occorre che la politica torni a stupirci più spesso, mostrandoci di avere la volontà e la capacità giuste per recuperare quella maturità e quel credito necessari per la guida del Paese».
Nell'analisi della Curia, due sono i mali principali: il partitismo e il professionismo della politica. Il risultato dell'aver fatto coincidere sempre più la sfera della politica con l'azione dei partiti è «che si è via via costruito come un mondo a parte, autoreferenziale e sempre meno soggetto a regole e controlli».

E la classe politica «ha via via interpretato il suo ruolo in termini corporativi, impegnata nella difesa dei diritti di alcuni gruppi sociali, e non più interessata a custodire, a sostenere e a trasmettere i valori che stanno alla base della nostra identità culturale e nazionale».

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