Pietro Marcello, 39 anni, campano di Caserta, torna al cinema dopo i quattro anni da «Il silenzio di Pelesjan» e mostra la timidezza dell'esordiente. Il suo ultimo lavoro, «Bella e perduta», trova comunque i favori di una platea foltissima che applaude senza sosta un film dalla grazia e dal contenuto che toccano il cuore nel modo più nobile.
Quale segmento di pubblico pensa che possa premiare il suo film?
«E' un problema che non mi pongo. Il cinema è forma, noi ci mettiamo il contenuto. Io tendo a raccontare le mie storie senza curarmi troppo di chi avrò davanti. Sono tuttavia consapevole che il cinema oggi è paratelevisivo e l'interscambio fra questi due media è densissimo».
Cinema e fiaba sono contrappunti di fantasia e finzione. Ma lei sostiene di aver tenuto conto della realtà.
«L'inchiesta era il limite. Sono partito dalla verità per raccontarla in forma di fiaba. In modo che chiunque la possa comprendere, anche i bambini. Tuttavia la favola ha un senso se si offre come una modalità per raccontare la vita vera».
Quindi, il rapporto uomo-animale.
«Il binomio tra l'essere umano e la natura è controverso. L'uomo muore, mentre la natura si rigenera. Ma il primo finisce sempre per influire sulla seconda».
Qual è il ruolo di Pulcinella?
«E' quello di un intermediario tra il mondo dei vivi e quello dei morti. In fin dei conti è vestito di un lenzuolo bianco. Lo stesso che nell'antichità si usava per avvolgere il corpo di chi stava per essere seppellito».
Da dove ha ricavato invece il termine Sarchiapone?
«Nella cantata dei pastori, in Campania, è il tonto di turno. Non c'entra nulla con il celebre siparietto che Walter Chiari mise in scena con Carlo Campanini».
Lei è vegetariano?
«Non lo sono. Perlomeno, non ancora. Sono un carnivoro consapevole e rispettoso di ciò che comporta mangiare carne. Sergio (il protagonista nei panni di Pulcinella, ndr ) invece è vegano da vent'anni».
Ha portato la sua terra nel film con una rilevanza precisa. Qual è lo scopo?
«La terra di mezzo è stata martoriata a più
riprese. E sconvolta. Da area agricola si è tentato di renderla industriale con risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Il nulla assoluto. Per di più, trascurando il valore del patrimonio artistico davvero ricco».SteG
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