È un Pd sull'orlo di una crisi di nervi quello che esce dalle primarie per il nuovo segretario regionale. Perché i festeggiamenti del nuovo numero uno Alessandro Alfieri (che era comunque già subentrato a Maurizio Martina volato a Roma per una poltrona da sottosegretario) rischiano di assomigliare a quelli di un Titanic ormai vicino all'iceberg. Perché più delle parole valgono i numeri che parlano di 24mila votanti (quando le tessere sono 37mila e potevano votare anche i non tesserati) a fronte dei 300mila delle primarie di dicembre. Da aggiungere il risultato che non è certo stato bulgaro come tutti si aspettavano, perché il renziano Alfieri era appoggiato anche dalla vecchia maggioranza bersaniana di Cornelli e non avrebbe dovuto faticare ad aver ragione di Diana De Marchi, una «civatiana» la cui candidatura era considerata poco più che di bandiera e che nelle previsioni pesava il 20 per cento. Tanto per capire la portata del big bang nel Pd, alla fine Alfieri l'ha spuntata 57 a 43, ma pagando cara la sua vicinanza a Renzi a cui i militanti non hanno perdonato la ghigliottina al governo Letta e lo scatto verso la poltrona di premier. E del resto ieri bastava ascoltare il microfono aperto di Radio popolare per capire a quanti l'intrigo di palazzo non sia andato giù, tanto che in molti hanno confessato di non aver votato, molti di aver scelto l'opposizione «civatiana» e altri di esseri pronti a restituire la tessera del Pd. Reazioni confermate dal fatto che la De Marchi ha (stra)vinto a Milano città con il 56 per cento e anche in capoluoghi come Monza, Pavia, Brescia e Mantova. Ed è stato più di uno schiaffo la vitoria al circolo 02PD di Milano, riserva renziana e feudo del segretario provinciale Pietro Bussolati e dell'assessore Pierfrancesco Maran. I quali con un partito più spostato a sinistra e più frammentato avranno ancor meno peso politico al tavolo del sindaco Giuliano Pisapia.
Ma allo sfregio fatto a Renzi e di cui è rimato vittima Alfieri, va aggiunto anche che questi risultati determineranno un'assemblea regionale non così compatta a favore del segretario Alfieri. Il risultato di un popolo della sinistra che prima è stato «dopato» di partecipazione con primarie a raffica e poi si è trovato di fronte a un segretario come Renzi che al momento decisivo si è permesso di mandare a casa con un colpo di mano addirittura Letta, il premier espresso solo pochi mesi fa dal suo stesso partito. «Noi Renzi lo avevamo votato per fare il segretario del Pd - si lamenta un tesserato - mica per mandare via Letta e andare lui a fare il primo ministro». Costretto al catenaccio Alfieri: «Ho condiviso la scelta di Renzi perché quando si è nella palude non si esce con la mediazione, ma con uno strappo. Solo che questo strappo doveva essere spiegato e comunicato ai militanti e non è stato fatto. Questo è un errore a cui bisogna rimediare, recuperando i delusi». Poi la bordata a Civati che minaccia di non votare la fiducia al governo Renzi. «Deve decidere da che parte stare - sentenzia Alfieri -. Non abbiamo bisogno di persone che remino contro, ma che diano un contributo. Anche critico». Critico è Pierfrancesco Majorino: «Ho votato Diana De Marchi perché sarebbe una bravissima segretaria regionale».
Ieri al voto per il segretario regionale. I tesserati del Pd sono oltre 37mila e ieri potevano votare anche i non tesserati
La percentuale con cui
Erano stati i votanti di dicembre al turno di ballottaggio alle primarie per scegliere il segretario nazionale dl Pd
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