Il Csm alza il velo sui veleni dei pm di Milano

La prossima settimana due commissioni interrogheranno Minale, Bruti Liberati e Robledo

Il Csm alza il velo sui veleni dei pm di Milano

E adesso diventa davvero troppo tardi per tornare indietro, per cercare per l'ennesima volta una soluzione pacifica alle fratture interne alla Procura della Repubblica di Milano. Dei veleni che circolano in quello che fu il tempio di Mani Pulite si occuperà la settimana prossima il Consiglio superiore della magistratura. Due commissioni in seduta comune interrogheranno lunedì prossimo Manlio Minale, procuratore generale di Milano, e martedì i due protagonisti dello scontro frontale: Edmondo Bruti Liberati, procuratore della Repubblica, e il procuratore aggiunto Alfredo Robledo, il capo del pool che indaga sulla pubblica amministrazione e che con il suo esposto ha sollevato il coperchio sul caso dei fascicoli insabbiati o assegnati a pm diversi da quelli naturali.

Per diversi giorni, dopo avere ricevuto l'esposto di Robledo, il Csm si è confrontato al proprio interno per decidere come trattare la faccenda che, comunque la si rigiri, è esplosiva: perchè mette a rischio la stabilità di uno degli uffici giudiziari più delicati del paese. L'esposto era finito sul tavolo di due distinte commissioni: la prima, che si occupa dei casi di incompatibilità ambientale dei magistrati, e la settima, che sovrintende alla organizzazione interna degli uffici. Quale doveva avere la precedenza? Se fosse toccato alla settima, si sarebbe aperta la strada per attutire il caso, riducendolo a un episodio quasi di burocrazia giudiziaria. Se invece fosse andato alla prima commissione, lo scenario si sarebbe fatto decisamente più fosco: significava che il Csm si preparava a prendere atto che per uno dei due, Bruti o Robledo (o magari anche tutti e due) non c'erano più le condizioni per continuare a lavorare a Milano.

Come spesso accade, si è scelta una via di mezzo: riunione congiunta delle due commissioni, e strada aperta per istradare poi la pratica su una delle due strade.
Comunque vada, è un vero peccato che le commissioni del Csm (a differenza delle sedute plenarie) si svolgano a porte chiuse, perchè la audizione sia di Minale che dei due contendenti si annuncia decisamente interessante. Minale, che per legge ha l'obbligo di vigilare sulla attività della Procura, dovrà spiegare se in questi mesi non si sia mai accorto di quanto accadeva al piano di sopra. Ma non è tutto: proprio Minale, quando era procuratore della Repubblica, aveva predisposto e fatto approvare dal Csm il "progetto organizzativo" che stabiliva le competenze per i diversi pool della Procura, e che non è mai stato revocato. E' lo schema operativo che Bruti è accusato da Robledo di avere violato platealmente in più di una occasione, assegnando per esempio il caso Ruby a Ilda Boccassini, che come capo dell'antimafia non aveva alcuna competenza specifica; e soprattutto di avere prima affidato al pool reati finanziari e poi dimenticato in cassaforte per mesi il fascicolo di inchiesta sulla privatizzazione di una quota della Sea da parte della giunta di sinistra che governa Milano. Proprio su questi punti, cruciale diventa quello che il giorno dopo spiegherà Bruti, che ha fatto pervenire nei giorni scorsi alla Procura generale corposa documentazione sulla sua gestione dei fascicoli. In discussione non c'è la possibilità per il procuratore capo di scegliere pm diversi da quelli previsti dalle tabelle, ma di farlo - come è avvenuto - senza provvedimenti scritti e adeguatamente motivati. Il sospetto di una parte del Csm è che di fatto Bruti abbia utilizzato il potere gerarchico che la legge gli assegna per scegliere solo e soltanto magistrati di sua fiducia per le inchieste delicate, in particolare quelle con più immediate conseguenze politiche.

Se il Csm non dovesse ritenere sufficienti le spiegazioni di Bruti, potrebbe decidere l'apertura di una pratica per il trasferimento d'ufficio del procuratore della Repubblica di Milano: sarebbe un evento senza precedenti. E comunque la vicenda potrebbe mettere a rischio la riconferma di Bruti al suo posto, quando nel luglio prossimo scadrà il suo primo quadriennio.

La proroga è in generale quasi automatica (di capi non confermati si ricordano solo Mario Almerighi, rimosso dalla guida del tribunale di Civitavecchia, e di Rosario Minna, non confermato alla Procura di Ravenna) ma è chiaro che ormai siamo in una situazione eccezionale. E se l'offensiva lanciata da Robledo dovesse avere successo, si aprirebbe una partita dagli esiti imprevedibili per la successione di Bruti alla testa della Procura milanese.

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