Dai furti alle aggressioni La mappa della violenza quartiere per quartiere

Tra Corvetto e via Padova le basi delle bande cilene I colpi nei locali in centro. E le discoteche teatro di risse

Dai furti alle aggressioni La mappa della violenza quartiere per quartiere

È stato il nuovo questore di Milano, Antonio De Iesu, a dare indicazioni e strategie con l'obiettivo di aumentare il contrasto della criminalità di strada, a partire dai furti in appartamenti e negozi. E così martedì 17 maggio l'Ufficio prevenzione generale (Upg) della polizia di Milano ha arrestato 7 ladri cileni, inquadrati in un'associazione a delinquere e specializzati in furti con «spaccata» delle vetrine.

Usavano soltanto cellulari intestati a prestanome, vivevano in case occupate del Corvetto, per i colpi usavano auto rubate, non avevano mai avuto rapporti con alcuna amministrazione, né mai avevano fatto neppure una tessera fedeltà di un supermercato. Ricostruiti almeno 5 raid in negozi di Milano tra gennaio e maggio 2016 (show room Hugo Boss in via Morimondo, Biffi in corso Genova, Tatras in via Bugatti, Baby Motta in via Soresina e Occhial House in via Paisiello). Furti programmati nei dettagli, azioni rapidissime, vetrine sfondate con le auto e una decina di ragazzi che in meno di un minuto svaligiavano i locali. I fermati, anche se alcuni sono ancora molto giovani - le età vanno da 19-23 a , 27, 33, 41 anni - «hanno un'importante carriera criminale iniziata a 5 anni nelle strade del loro paese di origine», spiegano gli investigatori. Uno dei «fantasmi», durante un assalto, ha però perso un cellulare. Così i poliziotti, guidati dalla dirigente Maria Josè Falcicchia, hanno iniziato due mesi di lavoro tenace e approfondito per agganciare la batteria di ladri.

I cileni, si sa, si sono specializzati in furti. Abitano tra il Corvetto e via Padova - rivelatesi zone multietniche, particolarmente «democratiche» visto che accolgono tutte le etnie -, tra rabbia e frustrazione nel sentirsi disadattati o comunque decisamente poco integrati, cercano chi è simile a loro in una città dove tutto è nemico. Così bevono, incattivendosi ancor di più. E talvolta per carabinieri e polizia anche fare un semplice controllo diventa difficile proprio in quelle zone dove questi stranieri vivono, si «gonfiano» a livello numerico, sentendosi così più forti.

I furti in centro vengono fatti preferibilmente la notte; in periferia di giorno. Cose pulite, senza spargimenti di sangue, senza creare problemi, senza la possibilità dell'imprevisto.

Le risse e le liti, invece, sono contestuali ai locali in cui molti di questi sudamericani si trovano. «Molto spesso i milanesi dimenticano che sotto la Madonnina non ci sono solo i cinesi - aveva detto la dirigente dell'Upg Maria José Falcicchia a quella conferenza stampa del 17 maggio -. Ci sono cileni, ecuadoregni, peruviani. E non necessariamente legati alle bande strutturate di latinos. E poi ci sono i filippini».

Già, i filippini. Che come i sudamericani non si drogano. ma mentre i latini bevono, loro si fanno di shaboo. Una droga tipicamente filippina, uno stupefacente «loro», dagli effetti a dir poco devastanti. Una droga che però ha il «pregio» di costare molto, molto meno della cocaina. E di cui, guarda un po', c'è grandissima richiesta da parte di questa comunità.

Tornando all'indagine dell'Upg,

rifiutando ogni tipo di collaborazione, dopo i fermi, i giovani cileni spiegarono che ormai la loro presenza in Italia, scoperta la loro identità, era bruciata. E che dopo la galera si sarebbero spostati altrove in Europa.

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