Dai Gonzaga ai Santini: la storia che fa di Mantova una capitale del cibo

Tutta Europa parlò del banchetto per Carlo V «Dal Pescatore» ha tre stelle Michelin da 21 anni

Maurizio Bertera

Il Festival della Letteratura è una delle migliori occasioni per scoprire la bellezza di Mantova e il gusto della sua grande cucina. Di principi e di popolo, come spiega Stefano Scansani in un bel libro, intitolato La cucina mantovana tra mito, equivoci e luoghi comuni. In effetti, durante il periodo d'oro dei Gonzaga (XV-XVII secolo), la città rappresentò un punto di riferimento in Europa per il cibo: i loro cuochi furono i primi a saper coniugare piatti decisamente popolari con quelli elaborati, creando una scuola di pensiero gastronomico, codificata da Bartolomeo Sacchi. Il suo trattato De honesta voluptate et valetudine, pubblicato a Venezia nel 1474, si diffuse in tutte le corti del continente e al di là delle ricette, conteneva una novità assoluta: insegnava l'uso delle risorse del territorio, a seconda delle stagioni, anticipando concetti oggi normali nell'alta cucina.

Cinque secoli e mezzo dopo, a difendere l'onore della cucina mantovana o meglio a proporla in una parte del menu c'è la famiglia Santini, leggenda della ristorazione italiana (e non solo) con Dal Pescatore: il locale di Canneto sull'Oglio (in frazione Runate, ci tengono), da 21 anni tre stelle Michelin e ai vertici di ogni guida nazionale che si rispetti. Antonio, il patron, non è un duca ma si è guadagnato il soprannome di cardinale per l' autorevolezza nel mondo del wine & food. Sua moglie Nadia è «semplicemente» una delle migliori cuoche del pianeta e nel 2013 è stata premiata in modo ufficiale. Per loro, Mantova è qualcosa che finisce quotidianamente in splendidi e gustosi piatti. «Giustamente perché questa è una città e un territorio che hanno sempre messo al centro il cibo, anzi direi l'alimentazione, più che altre parti d'Italia spiega Santini da qui la presenza di eccellenti ristoranti. Ricordo che quando la Michelin iniziò ad assegnare le stelle nell'edizione 1958, ben due locali a Mantova la ottennero: Gastone e I Garibaldini. Un record per l'epoca». Cucina di principi e di popolo, arrivata sino ai giorni nostri? «Sicuramente. La corte, grazie a cuochi straordinari come Bartolomeo Stefani (ndr, autore nel 1662 de L'arte di ben cucinare, uno dei primi testi sacri della cucina italiana) preparava banchetti sontuosi, utilizzando il meglio del territorio. Un notevole lavoro di ricerca sulle ricette di quel periodo si deve a Gaetano e Sandra Martini, titolari del Cigno che resta uno dei posti migliori a Mantova. Il popolo viveva di zuppe, ma aveva le sue specialità come il lardo pestato con prezzemolo e aglio, buonissimo con la polenta, o il risotto alla pilota che ancora oggi è il banco di prova di ogni cuoco mantovano». Niente a che fare con la guida: questo piatto deve il nome agli operai addetti alla pilatura del riso chiamati appunto «piloti»: è riso Vialone Nano cotto per assorbimento, condito con salamella mantovana e grana. Si passa ai tortelli di zucca su cui ogni angolo di Padania da Ferrara a Crema - vanta la superiorità. «È divertente constatare che man mano che procedi da Est verso Ovest, aumenta la componente di amaretti e mostarda continua Santini mentre da noi la zucca e il Parmigiano Reggiano hanno più peso. Tutti amano i nostri tortelli di zucca: Nadia li ha portati avanti per anni, ora li fa mio figlio Giovanni che ha ulteriormente perfezionato la ricetta, perfetta nella pasta ed equilibrata nel ripieno (l'altro figlio, Alberto, lo affianca in sala, ndr) . Sarebbero piaciuti ai Gonzaga, ne sono convinto». La carta dei Santini ha altri richiami al territorio come il pesce d'acqua dolce che i principi facevano arrivare dal Garda quando non lo recuperavano nei corsi d'acqua (Oglio e Mincio) o dai tre laghetti interni. «Proponiamo il luccio in bianco con la salsa o i gamberi di fiume. Un altro grande piatto è il risotto con i filetti di pesce gatto ed erba cipollina: sono ottimista, tra qualche anno lo torneremo a pescare dall'Oglio, come un tempo: le nuove generazioni, anche da noi sono molto più attente al territorio e all'ambiente». E ancora gli agnolini i ravioli di carne simili a cappelletti in brodo di gallina che diventano piatto da principi se serviti in una tazza da consommè e con un goccio di Lambrusco nel liquido. E il piatto si trasforma in un letterario sorbìr d'agnoli... Infine, il simbolo della Mantova dolce: la sbrisolona, torta secca e friabile, realizzata con farina bianca mista a farina di mais, burro e mandorle. Si trova in tutta la Padania ma «sino a venti anni fa non la vedevo fuori dai nostri confini, evidentemente è buonissima...» sottolinea ridendo Antonio Santini, a cui ricordiamo che nel 1530 per la visita a Mantova dell'imperatore Carlo V i Gonzaga organizzarono un ricevimento per oltre 700 invitati così lussuoso e godereccio che se ne parlò per anni in tutte le corti europee.

Dicono che il neofita quando esce dal suo locale, scriva lodi su Trip Advisor e posti le foto dei piatti sui social che in definitiva sono la versione 2.0 dell'antico passaparola. «La gente viaggia ore e ore per sedersi qui, magari siamo la sola esperienza importante nel loro tour a Mantova: ha grandi attese e per quanto si siano preparati, devono restare sorpresi e uscire con la voglia di tornare prima possibile. Poi se riusciamo anche a far conoscere i piatti legati alla nostra storia, al nostro territorio sono ancora più felice» commenta Santini.

Per Paul Boucuse, le Chef per antonomasia (tre stelle da 50 anni, guarda caso e primo grande cuoco-patron al mondo), Dal Pescatore è il miglior ristorante del pianeta. «Esagera, è un vecchio e carissimo amico. In realtà, questa è semplicemente la miglior trattoria di Runate». Così parlo il Cardinale, mantovano doc, esempio vivente di come si raggiunga e si mantenga l'eccellenza.

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