Maria SorbiHa dovuto aspettare quattro anni il buon Dalai Lama per diventare milanese. Non che a lui, a occhio e croce, importasse granché della cittadinanza meneghina. Ma finalmente l'ha ottenuta, tra l'imbarazzo di mezzo Pd. Già, perché in ballo ci sono delicati equilibri diplomatici. Che non muovono una foglia, ovviamente, delle relazioni internazionali, ma che rischiano di trasformarsi in bucce di banana per i politicanti locali. All'epoca c'erano di mezzo gli interessi di Expo, ora quelli del candidato sindaco Giuseppe Sala. Facciamo un passo indietro al giugno del 2102: il sindaco Giuliano Pisapia, pur avendo ricevuto la massima autorità del buddismo con tutti i convenevoli del caso, era riuscito a levarsi dall'impiccio e a far slittare il conferimento della cittadinanza a data da destinarsi. In ballo c'erano i rapporti con la Cina, che aveva da poco dato la sua adesione a Expo. E che sicuramente non avrebbe gradito un Dalai Lama milanese. Ora sembra non ci siano più scuse: Expo è finita da un pezzo e il Dalai tornerà a Milano il prossimo ottobre. Quale momento migliore per conferirgli il titolo? E invece no. Il corteggiamento alla Cina continua. I voti di Chinatown, che hanno dato la spinta finale a Sala per vincere le primarie, saranno più che mai indispensabili per le elezioni di giugno. La gaffe del titol al Dalai Lama potrebbe mettere in circolazione qualche «ordine di scuderia» poco favorevole al Pd fra gli abitanti di via Paolo Sarpi. E non è proprio il momento di gettare via i voti così. La sinistra ha cercato anche stavolta di rimandare la discussione (il rinvio è la miglior strategia messa in atto dalla giunta arancione) ma alla fine la proposta della cittadinanza, avanzata dalla Lega, è riuscita ad arrivare in aula.«Nella Milano delle sinistre - commenta il leghista Luca Lepore - che si professano paladine dei diritti di tutti, ha fatto specie la refrattarietà, in questa legislatura, a concedere l'onorificenza ad un leader spirituale in esilio che promuove la pace, la tolleranza, la comprensione e la pacifica convivenza di tutti i popoli della terra e che condanna qualsiasi forma di violenza e di prevaricazione». «Finalmente il Consiglio comunale ripara ad un torto politico» commenta il consigliere Matteo Forte, del Polo dei milanesi. «Peccato - aggiunge - che la seconda delibera, nata nel giugno 2012 a seguito del ritiro della prima a mia firma per favorirne una più condivisa da tutti i gruppi consiliari, vede 13 firme di altrettanti colleghi di maggioranza cancellate proprio sul frontespizio del testo votato dall'aula».
La consigliera del Pd Rosaria Iardino, buddista, vede nel voto un «buon auspicio» per il voto in Parlamento sul decreto Cirinnà sulle unioni civili: «Tempo fa il Dalai Lama si dimostrò favorevole alle unioni tra omosessuali» proprio in queste ore».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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