In India, da Calcutta a New Delhi, gli «chef stellati» non esistono. Sarà perchè il Paese del Gange non è ancora un mercato nelle corde della francese Michelin, ma ciò nulla toglie all'esistenza di autentici fuoriclasse dei fornelli. Uno di questi, una donna, è sbarcata da pochi mesi sotto la Madonnina e a 44 anni è considerata una sorta di Cracco in versione Bollywood.
Il ristorante, che ha preso il posto dello storico Verdi di piazza Mirabello, si intitola Cittamani, nome tantrico ispirato a una versione femminile del Buddha. Lei, Ritu Dalmia, sorriso luminoso che piacerebbe al santone Sai Baba, viene dalla regione del Rajasthan dove è considerata una diva della ristorazione oltre che imprenditrice, basti pensare che quello di Milano è il suo ottavo locale. Diva Restaurants è appunto il nome del gruppo che ha fondato a Delhi e, tra i suoi locali, il più esclusivo è guardacaso dedicato alla cucina italiana. Si chiama Diva Italian, a cui segue Diva Spiced, Cafè Diva, la caffetteria The Cafe at ICC al Centro Culturale dell'Ambasciata Italiana di Chanakyapuri a Delhi, il Latitude 28 al Khan Market, un secondo Cafè Diva nel centro commerciale Sangam a New Delhi e il cocktail bar PDA Martinis And More. In India ne hanno fatto un serial tv.
«Ma l'Italia su di me aveva un richiamo fortissimo», dice oggi Ritu che certo non è approdata al Belpaese in cerca di fortuna, abituata com'è a celebrare banchetti per il jet set indiano. Qualche sera fa, a Milano, era invece a Palazzo Clerici ospite d'onore dell'Ambasciata Indiana per uno showcooking con i grandi operatori del Paese emergente.
La scintilla con la nostra città, manco a dirlo, scattò ad Expo quando la chef partecipò a una serie di incontri sulla cucina internazionale. Una cosa è certa: il suo Cittamani, inaugurato lo scorso ottobre, è stato un vero colpo di spugna a tutte le italiche convinzioni sulla cucina indiana. A cominciare dagli odorii. Entrando nell'elegante e sobrio locale a pianta quadrata, le narici non sono investite dalla classica zaffata di curry, pesce e pollo tandoory. Anche gli arredi mancano di arazzi mandala e elefantiache raffigurazioni del dio Ganesh o della dea Kalì. Ma la vera sorpresa è a tavola, perchè nei piatti preparati dalla giovanissima sous-chef Shinvanjali Shankar troviamo ricette semplici, poco speziate e dove il tandoory, la tradizionale tecnica di cottura a carbone, si usa con parsimonia oppure quando meno ce lo si aspetta. E, come se non bastasse, nelle ricette fanno capolino ingredienti italiani come la stracciatella di bufala, il formaggio primosale e perfino la rucola. «Qualcuno è rimasto deluso perchè si aspettava le solite spezie piccanti - dice Ritu - ma in realtà la mia cucina rispecchia una tradizione di cucina casalinga che ha le mille sfaccetature di un Paese che conta 29 Stati e sette territori. Chi viene da me prova le ricette di un'indiana che nasce come autodidatta ma ha girato il mondo, che utilizza prodotti semplici e naturali e vuol venire incontro ai gusti degli italiani».
Addio insomma al madras curry e al vindaloo, forse un po' come è successo con la nuova cucina cinese che ha abolito il maiale in agrodolce e la banana fritta. «Chi cerca quei sapori, in India non c'è mai stato, o quantomeno non ha mai mangiato in una casa indiana; ricette di casa creative ma non troppo con tutti gli ingredienti di eccellenza del mio Paese: dal pane maan del Nord alla dosa del sud, dalle frittelle di tapioca dell'ovest al riso e lenticchie bengalese».
Dedicato ai cinefili ecco in carta il «Tiffin box», la schiscetta indiana divenuta celebre nel film Lunchbox del regista Ritesh Batra,
ovvero il set di pentolini che le mogli di Mombai fanno portare in bici ai mariti in ufficio: qui si trovano nella versione «tapas» di un contenitore verticale a piani separati. Cucina casalinga sì, ma la classe non è acqua.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.