Tra delitti, furti e violenze la criminalità non è micro

Una classifica ci pone al quart'ultimo posto come sicurezza I timori per Expo del ministro Franceschini sempre più attuali

di Carlo Maria Lomartire

A questo punto il ministro dell'Interno Angelino Alfano farebbe bene a porsi il problema della sicurezza a Milano. Forse la violenza degli scontri di domenica scorsa intorno alla Scala, se al momento non ha prodotto alcun risultato per i contestatori e se per il ministro della Cultura Dario Franceschini quello «è un luogo di protesta simbolico», potrebbe indurre a qualche riflessione sulla situazione della sicurezza nella nostra città. A cominciare dalla ambigua e ipocrita definizione di «microcriminalità», che è «micro» secondo certe accezioni sociologiche, ma è certamente «macro», pesantissima, per chi la subisce, con scippi per strada, furti e rapine e truffe in casa, borseggi sui mezzi pubblici. Secondo una ricerca del Sole 24 Ore , quanto a microcriminalità Milano è quartultima sulle 107 città italiane esaminate, in coda alla classifica. Dunque bisognerebbe cominciare a chiedersi se tanta microcriminalità così diffusa, pervasiva e aggressiva non finisca per diventare semplicemente criminalità, senza limitazioni quantitative, senza quel «micro» che somiglia tanto a «trascurabile». Così come sembrano ormai quasi trascurabili i reati che coinvolgono immigrati, tanto più se clandestini, prefigurando una nuova inedita forma di razzismo criminologico. Infatti se, com'è successo l'altro giorno a Quarto Oggiaro, un filippino accoltella tre peruviani uccidendone uno perché non gli davano da bere, in fondo ci scandalizziamo di meno e il fatto ci appare più nell'ordine delle cose, che se i quattro protagonisti fossero stati italiani. Così anche per un marocchino ammazzato a colpi di pistola qualche giorno prima a Lambrate. Per non dire degli stupri. E ammettiamolo: quando abbiamo sentito della nuova rapina milionaria a colpi di asce e mazze a una gioielleria nel quadrilatero della moda, prima ancora che ce lo dicessero già sapevamo che si trattava di stranieri, «come l'altra volta». È una nuova forma di pigro razzismo da consuetudine, ma anche di pericolosa rassegnazione. Quanto è «micro», dunque, l'aggressività e il danneggiamento sistematico operato dai «democratici» dimostranti dei centri sociali che deturpano e sfregiano tutto quello che incontrano durante le loro «democratiche» proteste? E quanto è «micro» l'illegalità, il sopruso e la violenza che imbratta i nostri edifici privati e pubblici, le carrozze del metrò, le saracinesche dei negozi e perfino i portoni dei nostri condomini? Forse per i non pochi estimatori del genere presenti nella maggioranza che governa la città, non solo non si tratta di criminalità, ma neppure di illegalità. E difatti, a forza di tollerare, giustificare, cercare di capire, è arrivato lo sfregio degli sfregi, gravissimo sul piano simbolico: scritte blasfeme sulla facciata del Duomo, per la seconda volta in pochi giorni. E per la seconda volta in pochi giorni ci siamo sentiti dire che la scena è stata ripresa dalle telecamere, che in realtà vuol dire che in piazza del Duomo di notte non c'è alcuna forma di vigilanza - non c'era neppure la seconda volta - se non un freddo occhio elettronico che rende possibili interventi e ricerche solo a posteriori.

Ecco qual è la situazione di cui il ministro Angelino Alfano e il prefetto Francesco Paolo Tronca, noto per le sue attitudini sociologiche, farebbero bene a prendere atto, se non altro perché fra meno di 5 mesi comincia l'Expo.

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