Fra dimissioni, revoche e liti Pisapia perde pezzi (di città)

Il sindaco costretto a una corsa in salita fin dall'insediamento Subito gli addii del moderato Tabacci e della cattolica Guida

Lo psicodramma che si compie ieri nella maggioranza di centrosinistra che governa Milano, con la repentina uscita di scena di Lucia De Cesaris, ha una portata che va aldilà del vuoto che il vicesindaco lascia in una squadra arrivata comunque al finecorsa. Perché è vero che, come dice Giuliano Pisapia, la De Cesaris «risolveva un sacco di problemi». Ma il gesto inatteso è tanto più grave perché è l'ultimo atto di un fenomeno iniziato dopo una manciata di mesi dalla vittoria di Pisapia alle amministrative del 2011: la perdita di pezzi. Di pezzi umani, politici e sociali del mosaico che aveva portato alla vittoria il «sindaco gentile». E che l'ultimo atto si compia a ridosso della campagna elettorale che dovrà decidere il futuro di Milano spiega le reazioni di smarrimeto e quasi di panico scatenate dall'annuncio.

Meglio di tante analisi, a raccontare la dissoluzione è una foto: 10 giugno 2011, Pisapia circondato dai suoi dodici assessori, gli uomini e le donne chiamati ad incarnare la rivoluzione arancione. Ebbene, oggi cinque di quei dodici non ci sono più. Quasi la metà della squadra è uscita di campo prima che finisse la partita. E il problema è che ogni volta insieme all'assessore se n'è andato un pezzo della città, un segmento della coalizione di umori (prima ancora che di partiti e strutture organizzate) che aveva riportato la sinistra a Palazzo Marino. A destra, a sinistra, al centro: ognuno dei buchi vuoti nella foto del 10 giugno racconta il venire meno di un ingrediente del cocktail. Accade così quando se ne va Bruno Tabacci, il tecnocrate centrista che aveva dettato sin dall'inizio la politica di cassa della giunta, volendo a tutti i costi la chiacchierata operazione Serravalle: si dimette per partecipare alle primarie del centrosinistra, poi resta al suo posto, alle primarie prende l'1,4 per cento ma a quel punto si ridimette per candidarsi alle politiche. Inviso a Sel, costretto a fare i conti con un budget sempre più esiguo, preferisce tagliare la corda: e con lui Pisapia perde l'uomo del centro, delle banche, della finanza moderata. E quasi in contemporanea se ne va, ed è uno strappo ancora più vistoso, un altro pezzo dell'area cattolica, Maria Grazia Guida, vicesindaco, entrata in rotta di collisione con Pisapia e il resto della maggioranza sul tema delle unioni civili. Da quel momento, il mondo cattolico non è più rappresentato in giunta.

Alla prima occasione buona, la candidatura alle regionali, se ne va anche un segmento della rete dei comitati, il mondo arancione che tanta parte ha avuto nella vittoria di Pisapia: Lucia Castellano, ex direttrice del carere di Bollate scelta a sorpresa da Pisapia come assessore alla casa, lo lascia per un posto al Pirellone con Umberto Ambrosoli. Il feeling con il sindaco d'altronde si era rotto quasi subito, quando la Castellano aveva dichiarato che «occupare le case per necessità non è reato», costringendo Pisapia a smentirla pubblicamente. Ancora due mesi, e arriva l'uscita di scena più traumatica di tutte, sia per i modi che per la sostanza: il 17 marzo 2013 il sindaco ritira le deleghe a Stefano Boeri, assessore alla Cultura, il candidato che il Partito democratico aveva scelto per le primarie, che Pisapia aveva sconfitto, e che poi aveva scelto di imbarcare in giunta per tenersi aperti i rapporti col Pd. Ma la convivenza si era dimostrata ben presto impossibile, fino ad arrivare alla cacciata: che lacera in profondità anche il rapporto del sindaco con il principale partito della sua coalizione.

Adesso tocca alla De Cesaris, ed è probabilmente l'addio che più degli altri porta dietro motivazioni e stanchezze personali: ma che ben difficilmente ci sarebbe stato se la corazzata arancione del 2011

avesse avuto ancora tutti i suoi pezzi a posto, e non si avviasse alla sfida cruciale nell'incertezza. A partire dal sesto buco, il più vistoso, che si vede oggi guardando la vecchia foto del 2011: quello lasciato dal sindaco.

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