Un direttore ventottenne sale sul podio della Scala

Lo svizzero Lorenzo Viotti debutta oggi per il secondo concerto della Filarmonica. Ama la boxe, il surf e il rap

Un direttore ventottenne sale sul podio della Scala

Super impegnato con la musica, ma non rinuncia al «proprio tempo» libero, ai suoi hobby: pratica surf e boxe, gli piace il rap. Micro-ritratto di una new entry scaligera, nel senso di «debutto» - come viene annunciato - lui è Lorenzo Viotti, classe '90, svizzero di Losanna, a conti fatti star della bacchetta a soli 28 anni. Viotti, un cognome che tra l'altro fa riemergere dalla memoria il compositore omonimo, fino a prova contraria, nessuna «parentela» però. Il giovane maestro dunque, che giustamente in un'intervista ha voluto ricordare che «sul podio più che l'età conta l'esperienza» - è stato designato direttore principale della Gulbenkian Orchestra di Lisbona - compare per la prima volta al Piermarini (oggi, martedì 30 e mercoledì 31, stesso orario cioè alle 20), di fronte alla Filarmonica, sotto il cappello della stagione sinfonica 2018/2019 di «casa». Programma di tutto rispetto, sui leggii degli orchestrali pagine di Wagner («Siegfried Idyll»), Rachmaninov («L'isola dei morti op.29»), Debussy («Prélude à l'après-midi d'un faune») e Skrjabin («Le poème de l'extase op.54»). Programma affascinante e una bella sfida per lui, che è una delle nuove bacchette più richieste nella vecchia Europa in questo momento; sul palco scaligero arriva subito dopo l'inaugurazione diretta da Adam Fischer, uno dei big che, per l'occasione, ha proposto la «Creazione» firmata da Haydn. Già, proprio così. Adesso un passo indietro.

A ben guardare gli avvenimenti recenti si scopre che in realtà ci sono già state delle «operazioni di avvicinamento» per Viotti al primo teatro d'opera italiano: anno 2017, dirigendo l'Orchestra dell'Accademia in quattro concerti a Varese, Como, Pavia e Cremona. Per capire il personaggio bisogna andare pure all'indietro. Figlio del direttore d'orchestra Marcello (noto anche per l'opera), Lorenzo mostra un interesse verso la musica e un talento precoci.

A sei anni viene folgorato da un ascolto di «Pelléas et Mélisande» di Debussy e la famiglia lo indirizza verso gli studi musicali, prima pianoforte, canto e percussioni a Lione, quindi direzione d'orchestra a Vienna. Una carriera lampo, pure sulle strade percorse da papà. Il ventottenne è sempre più presente anche nei cartelloni operistici del vecchio continente.

La prima volta in teatro risale a soli tre anni fa, quando diresse «La belle Helène» di Offenbach al Théâtre du Chatelet di Parigi, ma il calendario si è rapidamente infittito; per esempio il suo 2018 si è aperto con «Rigoletto» in quel di Dresda, seguito dal grande successo di «Werther» a Francoforte - dove tornerà per «Tosca» - e a Zurigo, e da «Tosca» a Tokyo, mentre nel 2019 si sa già che dirigerà, tra l'altro, «Carmen» ad Amburgo e all'Opéra Bastille. Nella prossima Stagione sarà al Teatro alla Scala di Milano con «Roméo et Juliette di Gounod». A questo punto vien spontaneo dire: «Non c'è il due senza il tre». Si vedrà.

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