Il dirottatore del bus non vuole sconti di pena

Il 20 marzo a San Donato il senegalese dirottò il pullman con 50 scolari e gli insegnanti

Il dirottatore del bus non vuole sconti di pena

É colpevole senza ombra di dubbio, colto in flagrante, bloccato a fatica nel pieno della sua folle impresa. Chiunque altro, al posto di Oussenynou Sy, sceglierebbe di schivare il processo pubblico, chiedendo il rito abbreviato e garantendosi lo sconto di un terzo di pena. Invece Sy, l'uomo che il 20 marzo dirottò il pullman con cinquanta scolari e i loro insegnanti, puntando a dare fuoco al mezzo sulle piste dell'aeroporto di Linate, non vuole sconti. Vuole venire processato a porte aperte, in modo che la mezz'ora di terrore innescata sulle strade tra Crema e San Donato venga raccontata e analizzata in diretta, nell'aula del tribunale, davanti agli occhi dei media e dell'opinione pubblica. Per raggiungere il risultato, è pronto ad affrontare una condanna che - a conti fatti - potrebbe rasentare i trent'anni di carcere.

Invano il suo avvocato ha cercato di convincere Sy a limitare i danni e a chiedere l'abbreviato. Niente da fare. L'imputazione che i pm Alberto Nobili e Luca Poniz hanno deciso di contestare a Sy è quadruplice: strage, sequestro di persona aggravato dalla finalità di terrorismo, lesioni gravi e resistenza a pubblico ufficiale. Sono accuse che potrebbero modificarsi durante il processo: all'uomo, per esempio, potrebbe essere contestato un reato ancora più grave, il sequestro a fini di eversione, che da solo comporta una pena da venticinque a trent'anni. Ma anche se le imputazioni non dovessero mutare, la Procura potrebbe chiedere una pena complessiva dai venti ai trent'anni.

Inevitabile interrogarsi sulle motivazioni che hanno spinto l'uomo ad affrontare senza ammortizzatori un processo destinato a chiudersi con una condanna così pesante. Oltretutto, Sy ha anche rinunciato a chiedere di essere sottoposto a perizia psichiatrica, altra chance per alleggerire la condanna. La spiegazione più allarmante potrebbe essere che l'autista del bus intenda trasformare le udienze a suo carico in un megafono pubblico per le sue rivendicazioni estremiste, un po' come solevano fare i terroristi rossi negli anni Settanta e Ottanta.

Il processo che si apre il 18 settembre in Corte d'assise, insomma, rischia di essere un processo delicato, e il presidente della Corte, il giudice Ilio Mannucci, avrà il suo bel daffare nel mantenere le udienze nell'alveo delle imputazioni.

La Procura, con il consenso dei difensori sia dell'imputato che delle vittime, ha già compiuto una mossa preventiva, bloccando la diffusione del video che Sy aveva preparato per rivendicare la sua impresa in nome della lotta contro i «colonialisti» bianchi. Il video è stato omissato sia perché poteva scatenare fenomeni di emulazione o, sul fronte opposto, scatenare reazioni scomposte anti-immigrati. Ma ora quelle frasi Sy potrà ripeterle in aula.

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