Ci sono due modi per toccare con mano la trasformazione della metropolitana milanese, dal giorno di quasi mezzo secolo fa in cui il primo treno viaggiò da Lotto a Sesto Marelli allo scenario ipertecnologico che attende i milanesi che domenica mattina saliranno sui mezzi automatizzati della linea lilla. Il primo è guardare il nuovo «forchettone», come gli addetti ai lavori chiamano la mappa stilizzata delle linee, quella che domani notte, sceso l'ultimo passeggero, verrà affissa nei vagoni: e confrontarla con la mappa che nel 1964 il grande Bob Noorda disegnò per la linea rossa. Stessi caratteri (il «Metromilano» disegnato apposta da Noorda), stessa la grafica. Ma al posto del «forchettone» c'è un reticolo di incroci, di colori, di nomi dove spicca il segmento lilla della M5: comprese le stazioni appena tratteggiate che sono ancora da completare, quelle che da Zara viaggiano verso il ricongiungimento con la verde a Garibaldi.
L'altro modo è venire qui, in via Teodosio, nella grande officina dove si aggiustano i tram. Cattedrale operaia, tempio dell'aristocrazia dei manetta. Ma anche cuore dell'innovazione. Al primo piano c'è l'ufficio di Alberto Zorzan, da ventisette anni in azienda, capo della manutenzione di tutta Atm. É lui, più di tutti, l'uomo che ha lavorato sulla fattibilità di questo progetto. E non solo sul piano tecnico: «Ci era chiaro fin dagli inizi che proporre agli utenti una metropolitana senza guidatore avrebbe avuto anche un impatto psicologico. Per questo su ogni treno ci sarà uno steward. Risparmiamo un conducente, ma aggiungiamo un uomo a contatto con la gente».
Ci sono otto telecamere («ma forse anche di più») su ogni treno: «Ma non bisogna pensare che in centrale ci sia qualcuno che guarda i monitor e apre e chiude le porte. É il software che fa tutto: decide quando il treno parte, quanto va veloce, quando apre le porte e quando le chiude». Quanto tempo si avrà per salire? «Tra i venti e i trenta secondi, come sulle linee a comando manuale». E se la gente non ha finito di salire? Se ci sono quelli che pigiano, o il solito ritardatario che cerca di infilarsi al volo? «Ci sono gli annunci sonori, e i sensori che fanno riaprire le porte se incontrano un ostacolo. E poi, diciamolo, se la nuova linea contribuisce a cambiare i comportamenti dei passeggeri a noi non dispiace».
C'è un altro dettaglio su cui l'ingegner Zorzan tradisce il suo desiderio di una utenza più responsabile: «La metropolitana di Copenaghen l'abbiamo fatta noi, è molto simile a questa. La differenza più vistosa è che non ci sono i tornelli all'entrata». E la gente timbra lo stesso il biglietto? «Sì. Ma è una cultura diversa».
Zorzan parla quasi con affetto delle diavolerie tecnologiche della lilla, il sistema che traduce le frenate in energia, «e così salendo non si sentirà più il pavimento caldo come sui vecchi convogli della rossa». Guarda fiducioso alla capacità della linea di sopportare il traffico, anche se porterà al massimo venticinquemila passeggeri all'ora, contro i trentacinquemila delle altre linee: «Ma abbiamo fatto i conti». Dove gli si illumina lo sguardo è quando gli arriva la domanda che vale l'intervista: come fanno i treni ad arrivare sulle rotaie? «Fin quando c'era la voragine in viale Zara li calavamo dall'alto. Adesso li portiamo tagliati in due, su bisarche, a Cologno Nord: poi li trainiamo fino a Garibaldi, e da lì parte un anello.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.