Donna uccisa nel tunnel Il mistero di Garbagnate

Filmati delle telecamere, esame dei tabulati del telefono dalla vittima ma anche dei numeri agganciati alla cella sopra la stazione di Mozzate. I carabinieri hanno avviato in queste ore tutte le normali procedure per individuare l'assassino di Lidia Nusdorfi. Un uomo che nel sottopasso ha teso un agguato alla vittima, colpendola con due coltellate mortali. Ma soprattutto si scava nel suo passato, in cerca di amicizie e relazioni affettuose. Tra loro forse un amante, forse uno spasimante respinto. In particolare in queste ore il marito, che la donna aveva lasciato a Rimini insieme ai due figli, ora sotto interrogatorio per verificare i suoi spostamenti.
Lidia Nusdorfi, 35 anni, era nata a Garbagnate Milanese, ma qui ormai nessuno se la ricorda più. Inutile cercare nelle parrocchie o nei bar in cerca di una traccia, a quel nome tutti allargano le braccia. La donna infatti aveva lasciato la cittadina diversi anni per trasferirsi a Rimini. Qui aveva conosciuto un pasticciere albanese e aveva avuto due figli. Per qualche anno è rimasta nella cittadina romagnola a fare la casalinga poi qualcosa si è rotto, sembra a causa di una relazione con un altro uomo. In autunno la donna ha lasciato Rimini, il marito e due figli piccoli per tornare in Lombardia. Non a Garbagnate, dove ha ormai interrotto ogni rapporto, scegliendo piuttosto di farsi ospitare da certi parenti a Mozzate.
L'altro giorno Lidia Nusdorfi è andata a Milano, e i carabinieri stanno verificando cosa abbia fatto e chi abbia incontrato, per poi prendere il treno di ritorno delle 18.36 da Milano Cadorna. Arrivata alle 19.10 è scesa e si è infilata nel sottopasso.
Pochi istanti ancora poi un urlo straziante, sentito da due giovani egiziani che stavano aspettando il treno. Subito dopo i due hanno visto un giovane, forse italiano, arrivare trafelato con un ombrello aperto in mano, prendere un cancelletto laterale e sparire nel buio. Uno dei due nordafricani è sceso nel sottopasso, ha visto il sangue ed è subito risalito per lanciare l'allarme. I soccorritori hanno trovato la donna ancora viva, ma il sangue perso dalle due ferite al collo e al petto le hanno lasciato ancora pochi istanti di vita, neppure il tempo di mormorare il nome dell'assassino.
Partono le indagini che tendono a escludere la pista della rapina: non dovrebbe esserci stata colluttazione, l'assassino avrebbe colpito appena incrociato la vittima per poi fuggire senza toccare la sua borsa. Sembra dunque un delitto passionale, così si scava nella vita della donna scoprendo quella relazione finita male con il pasticciere albanese di Rimini. L'uomo ieri è stato prelevato dai carabinieri e portato in caserma: avrebbe un alibi per le ore del delitto, stava lavorando, ma viene ugualmente interrogato nella speranza possa fornire qualche spunto utile alle indagini. Nel frattempo l'inchiesta procede con le consuete modalità. La richiesta agli operatori telefonici del traffico attorno alla stazione per verificare quanti e quali telefoni siano stati agganciati. Quindi l'analisi del cellulare della donna, le ultime telefonate fatte, i messaggi scambiati e con chi.

Poi l'analisi dei suoi spostamenti, delle sue amicizie e naturalmente delle telecamere di sicurezza in zona, in cerca di riscontri. Ed effettivamente, dai primi accertamenti, i carabinieri avrebbe visto in alcuni fotogrammi una persona giovane con un ombrello in mano lasciare la stazione di Mozzate. Una prima traccia per arrivare all'assassino.

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