Cronaca locale

Due mesi da fantasma: Masoud, la "belva" arrivata col barcone

Era a Milano, in attesa di asilo. Durante il suo viaggio da Lampedusa al capoluogo lombardo non è mai stato fermato o controllato

Due mesi da fantasma: Masoud, stupratore arrivato col barcone

Masoud, il 31enne egiziano che avrebbe stuprato una 25enne che si stava recando al lavoro, era arrivato da clandestino a bordo di un barcone. Per due mesi di lui non si era saputo più nulla. Come un fantasma si aggirava per il nostro Paese, vagava per le vie di Milano. In attesa di asilo. Già, perché l’uomo, come tanti altri arrivati come lui a Lampedusa, ha fatto richiesta di accoglienza nel nostro Paese. Nel suo viaggio dall’isola alla città meneghina Haitham Mahmoud Abdelshafi Ahmed Masoud non è mai stato controllato da nessuna forza dell’ordine. Ha percorso oltre 1.700 chilometri senza mai venire fermato per accertamenti. Di lui non vi è traccia da nessuna parte.

Masoud da Lampedusa a Milano senza mai essere fermato

Secondo quanto ricostruito era arrivato a Lampedusa tra il 10 e l’11 maggio, periodo in cui, in poche ore, in Italia erano sbarcati circa 1.400 migranti. Tra loro anche Masoud, trasferito nell’hotspot di Lampedusa, fotosegnalato e identificato come “Abdelshafi Haysem Mahmoud”. Come riportato dal Corriere, l’uomo ha raccontato di essere scappato dal suo Paese, l’Egitto, e di essere salito su un barcone insieme a tanti altri con la speranza di riuscire ad attraversare il Mediterraneo per chiedere asilo politico. E così ha fatto. Intanto, il Viminale gli ha dato il codice identificativo provvisorio per i migranti: “064BSVV”. Un periodo di quarantena anti-Covid, il trasferimento a Porto Empedocle, un numero di cellulare in tasca e poi di lui non si sa più niente. Probabilmente Masoud ha attraversato la Penisola in treno fino ad arrivare nel capoluogo lombardo.

Due mesi dopo infatti si presenta all’ufficio immigrazione della questura di Milano per chiedere asilo e viene identificato grazie al numero identificativo. Mercoledì 7 luglio, alle 13.35, Masoud, vestito con una maglietta bianca e con il gel tra i capelli, viene fotosegnalato dagli agenti della scientifica. Quella foto sarà fondamentale per arrivare alla sua identificazione. Altra immagine utile è quella del profilo di WhatsApp associato al numero telefonico. Si tratta di un selfie scattato davanti al Duomo di Milano in cui il 31enne indossa una t-shirt nera.

Aveva fatto richiesta di asilo

La ragazza è stata violentata all'alba la mattina del 9 agosto e subito i sospetti dei poliziotti diretti da Marco Calì cadono sull’egiziano che viene da quel momento monitorato. Masoud il 24 agosto si presenta ancora una volta all'ufficio immigrazione per completare la sua richiesta di asilo politico. Le telecamere di sicurezza riprendono il giovane seduto nella sala di attesa. Con destrezza i poliziotti si impossessano di nascosto di un mozzicone di sigaretta e di una lattina da utilizzare per effettuare il confronto tra il Dna del ragazzo e le tracce ritrovate sul luogo della violenza sessuale. In poche ore la conferma: si tratta della stessa persona. Sono i magistrati Letizia Mannella e Rosaria Stagnaro che alle 19 di giovedì firmano l'ordine di cattura nei confronti del 31enne.

L’uomo viene trovato la mattina di venerdì in un’abitazione in periferia, in via Tartini, dove ha passato la notte con altri 10 connazionali. Quando gli agenti arrivano da Masoud, questo ha vestiti puliti, lo zaino che aveva anche il giorno dello stupro e uno smartphone. Nella giornata di oggi avrà luogo nel carcere di San Vittore l’interrogatorio di convalida del fermo. A difendere l’egiziano sarà il legale d'ufficio Eleonora Bergamini. “Mi sono sentita spingere nel fossato all'improvviso. Mi schiacciava il volto sul pavimento del canale, mi sentivo soffocare. Ho gridato, l'ho pregato di smettere per le mie due bambine.

Quando dopo la violenza è fuggito avevo il terrore che tornasse” anche il racconto della vittima è presente nelle 52 pagine dell'atto d'accusa dei magistrati.

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