Alberto GiannoniDuello vero, spigoloso. Con diversi scambi polemici e qualche caduta di stile. Non c'è il ritmo delle epiche primarie renziane nel primo faccia a faccia di Milano 2016. Tanta gente accorre all'Anteo per sentire il confronto fra il commissario Expo Giuseppe Sala e l'assessore (Pd) Pierfrancesco Majorino. Il manager e il politico. I contendenti sono seduti accanto, fra i moderatori, su seggioline di legno piazzate in un palco che non ha niente a che vedere con il «talent show» del 2012. La diretta streaming va a singhiozzo -a essere buoni - le domande a volte sono troppo lunghe e le risposte sforano. Sembra più una tavola rotonda che un film americano. Majorino, cresciuto a pane e politica, padroneggia bene la dialettica. Sala meno. Lo sa e lo dice. Per superare qualche rigidità recente prova a mostrarsi sportivo. Non ha la cravatta e porta il colletto della camicia sopra un maglioncino. Si scambiano i ruoli perché Majorino, cravatta scura e completo elegante, sceglie uno stile classico. Batte sui suoi cavalli battaglia l'assessore (l'inclusione, il «riscatto sociale», il lavoro sulle decine di migliaia di rifugiati»). Ma a sua volta vuole scrollarsi di dosso l'immagine dell'uomo d'appartato. Va sul velluto quando attacca i centristi e Cl. Meno quando parla molto chiaro dei dipendenti comunali: «Alcuni dirigenti sono inadeguati». Dopo qualche passaggio soporifero il confronto si scalda. Sala cerca riparo nei temi dell'Expo e sbandiera la sua capacità manageriale. L'avversario lo liquida: «Non abbiamo bisogno di amministratori di condominio». La disputa si fa interessante quando entrambi tirano fuori i nomi degli assessori. Majorino cita la ginecologa Alessandra Kustermann e l'attuale titolare della Cultura Filippo Del Corno. Il commissario Expo replica a sorpresa annunciando che vuole chiamare a Palazzo Ferruccio De Bortoli, ex direttore del Corriere già in predicato di fare il sindaco (sempre per il centrosinistra). Più o meno d'accordo sulle alleanze: Majorino sbarra la strada ai centristi e Sala si dice d'accordo sull'esclusione di chi ha fatto l'opposizione a Giuliano Pisapia. Majorino definisce l'attuale primo cittadino come il sindaco migliore d'Italia e mentre il moderatore conviene che «siamo tutti orfani di Pisapia», Sala deve trovare argomenti per spiegare la sua novità. Cerca di archiviare il tema («noiosissimo», in realtà insidioso) della «continuità», cita e ricita i sette assessori di Pisapia che oggi lo sostengono (vedendolo favorito alle primarie?). Ma si concede una stoccata: «Ora è difficile capire qual è la compagine che governa e capire perché alcune cose vanno avanti e altri no». Sala ssseconda il pubblico che non vuole sentir parlar bene dei politici di Comunione e Liberazione. E invece Majorino, dopo il solito attacco frontale al formigonismo, può permettersi un riconoscimento del terzo settore targato Compagnia delle opere. L'assessore si distende e piazza il colpo preferito, quello più a effetto. Quando Sala parla dei suoi anni da direttore generale del Comune evocando una sorta di intesa con l'altro, Majorino si gioca il diritto di replica per ricordare che «io ero capogruppo dell'opposizione, lui city manager della Moratti». E piovono rumori di disapprovazione. Sala sulla difensiva utilizza la retorica dell'uomo del fare, con qualche efficacia, sui temi dell'ambiente («no all'allargaento di Area C, insistere sul metrò, lavorare sul riscaldamento, cambiare le caldaia). Finalmente chiarisce che si può cedere quote di Sea. Ma salva Atm.
La caduta di stile arriva sul finale, quando il manager paventa il rischio di una vittoria del centrodestra: «Ce li becchiamo per altri 20 anni». Surreale, per chi in alcuni di quegli anni stava esattamente a Palazzo Marino.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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