Una cordata di aziende per fare del Duomo la perla di Expo, «la chiamata a raccolta dei tanti soggetti con cui lavoriamo». È l'appello alle imprese lanciato da Lanfranco Senn, presidente di Metropolitana milanese e uno degli sponsor della mostra «Ad Usum Fabricae», inaugurata ieri a palazzo Giureconsulti alla presenza del sindaco Giuliano Pisapia. L'esposizione di documenti e pezzi unici, provenienti dalla Veneranda Fabbrica, sarà fino al 29 aprile nelle due sale all'ultimo piano, affacciate alla terrazza che guarda la Cattedrale proprio in fronte.
«Ammiro il Duomo quotidianamente - ha detto Pisapia -, è un esempio di bellezza e di santità. Penso agli uomini che hanno dato il loro lavoro non solo per il pane, ma soprattutto con gratuità e con impegno civile. Questo esprime la Cattedrale ai noi contemporanei». Da oggi dire «andiamo in piazza Duomo» non sarà un'espressione corretta. Più appropriato sarebbe affermare «entriamo nella piazza del Duomo», perché la piazza vera non è il grande sagrato che sta davanti alla Cattedrale quanto la Cattedrale stessa. «Ad Usum Fabricae», l'espressione impressa sui blocchi del marmo di Candoglia che «Giangaleazzo Visconti offrì, rispondendo per primo all'appello del vescovo Antonio da Saluzzo il 12 maggio 1386» ha spiegato Mariella Carlotti, curatrice dell'evento, non è una mostra sulla chiesa «ma sul cantiere umano che ha dato vita ad essa» ha specificato sempre Mariella Carlotti illustrando le tre sezioni dello studio, seguito da vicino da Angelo Caloia, presidente della Veneranda Fabbrica.
Il popolo di persone passate ha lasciato il proprio corpo dentro il corpo stesso della Cattedrale; ogni centimetro quadrato di marmo rosa è il dono di un operaio che regalava il suo pezzo di formaggio affinché la chiesa fosse edificata, di una ragazza vestita di bianco che danzava per raccogliere denaro per la Fabbrica, di una prostituta che devolveva il suo guadagno per lo stesso fine, di una nobildonna che offriva il suo gioiello o di un signore che, morendo, lasciava le sue proprietà come mostra il testamento esposto.
Il Duomo è molto di più di un social network dove oggi ciascuno si sente di far parte di una piazza; se dovessimo fare un paragone con il presente è come se ogni nostro twitter non fosse solo una parola, e quasi sempre distruttiva per colpa della crisi, ma una pietra con cui tutti insieme compiamo un'opera in grado di trasportare la nostra esistenza attraverso l'infinito delle generazioni.
Se tocchiamo una pietra quella è la vita di un milanese che dal 1386 ha saputo privarsi di un pezzo di formaggio, magari quel giorno non mangiando perché un tempo non esisteva crisi o non crisi ma povertà quasi per tutti, sempre, e se ne privava purché il «pidestallo» di Mariae Nascenti vedesse la luce. Che differenza con i nostri giorni e poi crediamo che la civiltà abbia fatto un passo avanti! «Ad usuma fabricae» non è un'esposizione artistica ma un antico Facebook di esclusiva bellezza, un movimento politico che costruiva invece di premere «grillini» sulla critica, un destino educativo e sociale.
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