di Carlo Maria Lomartire
Non è certo una novità che, in occasione di importanti elezioni locali e regionali, al Pd venga imposto un candidato genericamente «di sinistra» ma non, come sembrerebbe ragionevole, espressione diretta ed esplicita del principale partito di sinistra: è successo con Vendola in Puglia, con De Magistris a Napoli, con Doria a Genova, con Pisapia a Milano, per citare solo i casi più noti, ma altri ne potremmo elencare. Tutti nomi imposti al Pd da forze esterne, generalmente alla sua sinistra. Ma di solito il Pd è costretto a mandare giù il rospo sorridendo e dicendo che è squisito, perché questi candidati «anomali» erano legittimati dalle mitiche elezioni primarie che proprio il Pd aveva imposto a tutta la sinistra. La candidatura di Ambrosoli in Lombardia è doppiamente anomala, giacché anche per il Pirellone il partito di Bersani aveva il suo legittimo candidato: non uno solo, anzi, ma diversi, a scelta dal cattolico Pizzul all'apparatchik Civati.
E Pisapia strappa al Pd anche la scelta del candidato
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