(....) tenuta a cresima dal cardinale Schuster. Faceva spensieratamente cose per cui oggi si riceverebbe un avviso di garanzia, come avere un ghisa per autista, o usare per sè uno dei quattro cellulari del sindaco («mi fa da segretaria - la difese Formentini - così il Comune risparmia»), ma sapeva dire quello che pensavano tutti: che per le strade c'erano tante cartacce, per esempio, perché «ai miei tempi se buttavo qualcosa per terra mi prendevo uno scappellotto da mio padre». Le piaceva esserci, in quel mondo: alle sfilate, alla Scala, ai viaggi in Cina, e le piaceva dire la sua. Ma quando Gabriele Albertini si candidò e poi vinse contro suo marito, ebbe per lei una battuta gratuita e volgare («Basta con la sciura Augusta! Basta con la sua costante, ripetuta, insopprimibile presenza!») di cui poi ebbe forse a pentirsi.
Era la primadonna di una Milano di transizione, moglie di un sindaco con la mania delle fontane, ma capace di portare duemila ragazzi in Galleria a ballare acid e techno la notte di Carnevale. Sul finire, andò a fare l'opinionista a Quelli che il calcio, e voleva bene a Teocoli che la prendeva in giro.
Augusta Formentini è morta l'altro ieri, e i funerali si faranno oggi alle 11 a Santo Stefano Maggiore.
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