Stefano Giani
Meno tre. In realtà, pronti via. Il Festival di Locarno compie 70 anni e il conto alla rovescia è un'opinione. Si parte ufficialmente mercoledì, ma s'inizia già stasera con le prime proiezioni aperte a tutti. Carlo Chatrian, direttore artistico del Festival, ha l'animo tranquillo di chi è consapevole che l'edizione del settantesimo sarà un fiore all'occhiello.
Con quale sensazione ti avvicini all'apertura.
«Sono fiducioso. La rassegna sarà bagnata dall'inaugurazione di due nuove strutture. Il Palacinema, in fondo a piazza Grande ospiterà tre sale. Una avrà 500 posti le altre due 150. L'ex Rex diventa invece Gran Rex. Rinnovato in tecnologia e ospitalità. Il problema ricettività è risolto».
Quali funzioni avranno.
«Il Palacinema ospiterà i film della sezione Cineasti del presente e, dalla fine del festival, sarà la sede dell'organizzazione. Il Gran Rex sarà la casa di Locarno 70, la retrospettiva che ripropone i film del passato, al debutto proprio qui».
Nastassja Kinski e Adrien Brody sono tra gli ospiti più attesi. Isabelle Huppert decide sempre in extremis. Chi ha declinato l'invito.
«Avevamo contattato Harry Dean Stanton, un pezzo di storia di Hollywood tra L'ultima tentazione di Cristo di Scorsese, Paris Texas di Wim Wenders e Il padrino di Francis Ford Coppola. Quest'anno è il protagonista di Lucky di John Carroll Lynch. In concorso».
È molto anziano, Stanton.
«Ha novant'anni e interpreta un novantenne, fumatore accanito, che è resistito a tutti i suoi coetanei, ma - rimasto solo - è sull'orlo del baratro esistenziale».
E ha accettato di venire?
«Ha posto solo una condizione».
Cioè.
«Una compagnia aerea disposta a farlo fumare tutto il viaggio».
Morale...
«Non esiste (ride). E Stanton non verrà».
Oltre «Lucky» quale film non va perso.
«Wajib di Annemarie Jacir. È una parola musulmana che appartiene anche alla tradizione cristiana. Significa dovere. Il film è stato girato a Nazaret prima di Natale. Padre e figlio girano per le case distribuendo una partecipazione di nozze».
Perché andrebbe visto.
«Oscilla dalla commedia al dramma raccontando la Palestina e passando dalla finzione alla realtà senza gli isterismi della cronaca. Padre e figlio, poi, lo sono anche nella vita. E sono noti al pubblico italiano. Saleh Bakri, il figlio, era il Salvo di Fabio Grassadonia».
Il Medio Oriente è sempre un tasto caldo.
«Ci sono molti argomenti delicati. È importante affrontarli senza pregiudizi».
Ad esempio.
«L'immigrazione che esce da Wilkommen in der Schweiz (Benvenuti in Svizzera ndr.) di Sabine Gisiger. Nasce da un fatto realmente accaduto. Un paese nel cantone di Zurigo ha preso una multa di 250mila franchi per aver rifiutato ospitalità ai profughi. Anche da questa esperienza la Confederazione ha ritrovato il suo spirito di ospitalità».
Il diverso fa sempre paura.
«Ma quest'anno ci siamo superati».
In che senso.
«As boas maneiras (Le buone maniere) racconta la relazione fra due donne che allevano insieme un bambino, senza sapere che è un lupo mannaro. Dura più di due ore e attraversa molti generi, dalla commedia al dramma all'horror».
Perché è istruttivo un film del genere.
«Affronta temi fondamentali come la maternità, ma soprattutto l'educazione che queste due donne impartiscono al piccolo. Una sorta di lupo civilizzato».
E un ritorno sull'omosessualità.
«Anche questo è un filtro».
L'erotismo reclama sempre il suo spazio.
«A proposito, guai perdere Chien di Samuel Benchetrit».
Non parla di animali...
«È una commedia surreale. Alla Kaurismäki, per intenderci. Racconta di un uomo senza qualità che, abbandonato dalla moglie, diventa un cane di compagnia».
E perché non va perso.
«Perché esamina il nesso tra umiliazione e fedeltà. Il protagonista si sottomette alle donne che accompagna ma, allo stesso tempo, incarna la psicologia del cane. Accetta tutto quello che gli viene proposto e non si insospettisce nemmeno davanti a un boccone avvelenato».
L'attrice è Vanessa Paradis.
«E sarà a Locarno».
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