Ecco il duello degli opposti Lo vince Salvini o Pisapia?

Il leghista è duro, veloce e urticante. Il sindaco un radicale, ma rassicurante e gentile Due potenziali candidati agli antipodi per stile e politica. E la tv dà i primi verdetti

Ecco il duello degli opposti Lo vince Salvini o Pisapia?

Sono nati a Milano, sognano Palazzo Marino ed l'unica cosa che hanno in comune. Difficile trovare due politici più lontani di Matteo Salvini e Giuliano Pisapia. Lo si è visto l'altra sera a «Ballarò», la trasmissione tv che ha ospitato un duello in piena regola fra i due potenziali avversari alle Comunali. Il segretario leghista che non ha mai nascosto l'ambizione di conquistare Palazzo Marino e il primo cittadino uscente, che nonostante le fatiche e le delusioni di questi primi tre anni ha tutta l'aria di volerci riprovare.

Sogni a parte, le telecamere tv scansionato un confronto fra opposti. Salvini, 41 anni, 19 dei quali passati in Consiglio comunale, ha l'oggettivo merito di aver rimesso in pista il Carroccio, con linea politica e prospettive nuove. E marca un'immagine personale coerente con questa svolta: tratti popolari - populisti per i detrattori - è duro come il suo «no» all'euro e alla «invasione» dei migranti, messaggio rafforzato da una maglietta indossata sopra la camicia (con un grande «stop» scritto in rosso) indossata sopra jeans e scarpe sportive.

Giuliano Pisapia, 65 anni, è un noto professionista e rampollo della borghesia intellettuale. Ha frequentato il Berchet e da avvocato ha assistito clienti importanti, anche i sindacati. Politicamente parlando, dopo una militanza marginale in Dp sbarca direttamente in Parlamento, dove da indipendente si è fatto due mandati, segnalandosi per le posizioni garantiste, eccentriche in una sinistra piuttosto «manettara». Si inventa una candidatura che funziona e a sorpresa vince primarie e comunali. Conserva un tratto di autonomia (ama sempre meno i sindacati) ma resta in tutto e per tutto di sinistra. Radicale. E si vede da come governa. Niente a che vedere con un Maurizio Landini, però. È mite, prudente, sfodera strette di mano e sorrisi gentili con amici, compagni e «nemici».

Salvini si presenta come un conservatore sui valori. Inoltre non vuol sentir parlare di moschee, guarda e parla al milanese (e all'italiano) che si sente minacciato, impoverito e un po' arrabbiato. E lo rappresenta con efficacia. Battute, frecciate e freddure. Nel corpo a corpo televisivo ha ritmo e riposta facile. Funziona ma basterà? Qui le analisi divergono. Per qualcuno Salvini è in grado di ripetere l'exploit di un Massimo Bitonci (sindaco leghista che ha strappato Padova alla sinistra). Gli schemi sono saltati e Beppe Grillo lo dimostra. In una sfida centrodestra-centrosinistra - pensano i favorevoli - Salvini potrebbe tenere a gran parte dei voti «amici» e prenderne altri nell'area sempre più pescosa dell'antipolitica, dell'astensione e della delusione. Gli scettici notano che la Lega non ha mai sfondato a Milano, una città riformista e moderata, che predilige i mezzi toni e gli argomenti solidi e le proposte concrete. E temono che una parte del voto centrista non lo seguirebbe sul suo terreno.

«Roberto Maroni ha vinto», fanno notare i filo-Salvini del centrodestra. «Ma l'ex ministro è un'altra cosa. E Milano non è la Lombardia». Pisapia, per una volta un po' sfrontato, ha fatto sapere che sceglierebbe Matteo come avversario: «Il più facile da battere». Certezza o pretattica?

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