Coronavirus

"Economia a zero per lo choc. Ora è una polveriera sociale"

Sos di Confapi: "Sta per saltare tutto, anche il pubblico. Per evitarlo serve subito liquidità diretta alle aziende"

"Economia a zero per lo choc. Ora è una polveriera sociale"

Una polveriera sociale sul punto di esplodere. Per i vertici di Confapi, l'impatto della chiusura totale a breve diventerà devastante. «Il rischio ormai è sociale, non solo economico - avverte il presidente Nicola Spadafora - Non si stanno rendendo conto che c'è un problema di liquidità a tutti i livelli, non è arrivato un euro, gli ammortizzatori sociali non funzionano, e lo Stato non può pensare che i dipendenti pubblici e società ne siano esenti, sarà tutto un concatenarsi di problemi».

Confapi conta 8mila associati in Lombardia e 300 a Milano. Ogni giorno raccoglie lo sfogo e di centinaia di imprenditori. Parlare di preoccupazione e malumore, è poco. «Manca denaro a tutti i livelli - racconta Spadafora - E non è un problema dell'imprenditore, riguarda il lavoratore, il professionista. Sono tutti accomunati da una carenza assoluta di denaro. La situazione è molto, molto difficile, il tema non è solo sanitario o economico. Siamo oltre, siamo al rischio sociale». L'urgenza dell'allarme traspare dal tono usato da Spadafora, che fissa una data. «Inizierà il 10 aprile. I dipendenti non riceveranno le retribuzioni. Il 15 non si pagheranno gli adempimenti fiscali e retributivi. Siamo su una polveriera che può esplodere da un momento all'altro. E nessuno se ne rende conto». Confapi vede tre ordini di problemi: la liquidità, i pagamenti allo Stato e - altro allarme - le locazioni. «Ora - spiega il presidente - si sta scatenando una battaglia fra proprietari e locatari. Questa cosa va risolta per legge, non può essere una battaglia legale. Serve certezza, se emetto un provvedimento ogni 24 ore è un problema». Quanto ai tributi, le misure adottate sono considerate risibili: «A cosa serve rinviare di 4 giorni gli adempimenti? A ricavi zero devono corrispondere costi zero. Quindi occorre sospendere tutti pagamenti allo Stato, indipendentemente dalle dimensioni dell'azienda». Che fare, dunque? «Quello che fanno gli altri Paesi, né più né meno. Liquidità diretta sui conti delle aziende, senza intermediazioni bancarie con pratiche ferme per problemi di moduli o discrepanze normative. Serve liquidità diretta, per pagare affitti, fornitori e dipendenti. Ora, anzi ieri».

La situazione è gravissima, lo conferma il manager Area Sviluppo di Confapi Milano Antonio Maria Leonetti: «I problemi - racconta - sono accentuati dal fatto che manca chiarezza. La confusione non aiuta ad avere una traiettoria chiara neanche sulla possibile ripresa. La burocrazia è un danno, a prescindere, e ora sta diventando ancor più deleteria». Quanto possono resistere le imprese? «Sinceramente poco. Già un mese così ha messo tutti a dura prova. Questa fase dovrebbe essere gestita con chiarezza e certezze, e gli aiuti devono essere concreti. Quel che è successo al sito dell'Inps è grave ma non succede solo lì. La liquidità serve adesso, se arriva fra 60 giorni siamo morti. E i livelli istituzionali devono parlare la stessa lingua».

«Da cittadino lombardo - conclude Leonetti - trovo assurda per esempio la polemica del ministro Boccia. Io vivo in una Regione che ha triplicato le terapie intensive, e non credo che lo avrebbero potuto fare in tanti. In questo momento non serve a nulla parlare di riforma della sanità, bisogna remare tutti nella stessa direzione. Io non voglio fare polemiche, ma abito a Bergamo, la situazione è difficile, in Val Seriana drammatica.

Sinceramente qui contiamo i morti, non abbiamo voglia di cantare o di sentire ricette fuori luogo o battute sulle mascherine».

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