Megaposter e tweet, interviste sui giornali e pranzi elettorali, Facebook e dibattiti tv: è il cocktail di nuove tecnologie e di vecchia arte del consenso cui i partiti di tutti i versanti affidano le loro speranze di successo in vista delle elezioni del 24 febbraio. E che rischia di essere spazzato via dall'irruzione sulla scena elettorale di un terzo incomodo: le inchieste della Procura della Repubblica, che mai come in questa occasione faranno sentire il loro peso sullo scontro politico a Milano e in Lombardia. Nessuna tregua elettorale, anzi. Proprio nelle settimane della campagna elettorale la Procura si prepara a tirare le fila delle indagini che vedono coinvolti buona parte dei fronti in lizza. Il botto più forte è quello che potrebbe colpire sotto la linea di galleggiamento la campagna elettorale di Roberto Formigoni. Il presidente uscente della Lombardia non ha ancora fatto sapere come e dove intende candidarsi. Ma qualunque sia la sua scelta, dovrà fare i conti con la sgradevole novità che - in un giorno imprecisato da qui alle elezioni - riporterà sui giornali l'inchiesta dei pm Laura Pedio e Gaetano Ruta sul marcio nella sanità lombarda. É l'indagine che ha portato in carcere due vecchi amici del governatore, Antonio Simone e Piero Daccò, quest'ultimo tutt'ora detenuto, e che ha portato all'iscrizione di Formigoni nel registro degli indagati con l'accusa di corruzione e finanziamento illecito. Una parte consistente degli atti dell'indagine è di pubblico dominio, ma molti atti investigativi compiuti negli ultimi mesi dai pm sono ancora top secret. La Procura si appresta a riversarli in un dvd che verrà messo a disposizione dei legali appena l'indagine sarà formalmente chiusa. C'è dentro la cosiddetta «pistola fumante», la prova destinata ad incastrare Formigoni? I pm ne sono convinti. Sanno benissimo che lo stesso giorno in cui chiuderanno l'inchiesta, il dvd approderà nelle redazioni e che Formigoni verrà investito da titoli e titoloni. Ma, come dire, se ne fanno una ragione. Scenario più complesso sul fronte dei rimborsi elettorali per i consiglieri regionali, sui quali stanno scavando i pm Alfredo Robledo (nella foto) e Paolo Filippini, che - analizzando le note spese di Pdl e Lega - hanno trovato conferma di alcuni tra i più logori luoghi comuni sui privilegi della Casta: alberghi e ristoranti, computer e ricariche telefoniche, tutte messe a carico dei contribuenti. Chiamati in Procura a spiegare le loro disinvolture, molti dei consiglieri di maggioranza hanno preferito declinare l'invito. Ma adesso tocca alle opposizioni. Questa mattina i gruppi al Pirellone di Pd e Sel consegneranno alla Guardia di finanza anche le loro documentazioni. In nome della par condicio, la Procura ha giurato che anche gli scontrini della sinistra verranno analizzati a spron battuto, e che eventuali avvisi di garanzia partiranno entro la tornata elettorale. Per Pd e Sel sarebbe uno schiaffone.
Ma ci sarannno, gli «avvisi» per la sinistra? I capogruppo dei due partiti che hanno lavorato alla raccolta dei dati, ovviamente giurano che l'andazzo che emerge non è paragonabile a quello dei gruppi di maggioranza. E se le indagini dovessero confermare che democratici e vendoliani erano esenti dai vizietti dei loro colleghi, per il centrosinistra l'inchiesta si trasformerebbe in un superspot.Entro fine mese la verità sui conti del Pd, mentre si chiude l'indagine Maugeri
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