All’esterno la Lega è un monolite. Come sempre. Nessun dubbio nel muro eretto a difesa di Davide Boni, il presidente del consiglio regionale finito in un’inchiesta per tangenti, proclami di fedeltà assoluta a Umberto Bossi e critiche alle voglie dei sindaci rampanti Flavio Tosi e Massimo Bitonci di liste civiche personali e senza il simbolo del Carroccio. Umberto Bossi non vuole. E aggiunge spaccatura a spaccatura, avvicinando quella resa dei conti con Roberto Maroni che ormai sembra inevitabile. Quanto durerà la loro convivenza? A lungo, ma solo se Bossi accetterà di lasciare il partito in mano all’ex ministro. Accontentandosi di mantenere comunque il suo ruolo di immagine della Lega, ma cedendo a Maroni le leve del comando.
Perché è ormai questo che dicono i numeri dei congressi. Con i segretari eletti chiaramente assegnabili alla squadra dei «barbari sognanti». E di cui soprattutto fa parte la stragrande maggioranza dei delegati al congresso della Lega lombarda che dall’1 al 3 giugno eleggerà il nuovo segretario «nazionale». Le cifre sono impietose. Con i «maroniani» che in Valtellina hanno vinto 26 a 0, a Brescia 43 a 20, a Bergamo 65 a 5, a Como 25 a 9 e perfino in Valcamonica 12 a 2. Unico caso di pareggio (15 a 15) è Pavia. Emblematico anche il caso di Milano con l’elezione dei Igor Iezzi e i maroniani che stravincono 16 a 5. Alla fine parole felpate e appelli all’unita («la vera forza della Lega»). Ma la voglia di sangue emerge chiara dalle parole di un colonnello («e adesso li schiacciamo»). Perché proprio qui la guerra con il «cerchio magico» di Rosi Mauro e Marco Reguzzoni è stata più cruenta. E ora sono i tanti a pretendere la resa dei conti. Mettendoci pure dentro l’affaire Boni, uomo da sempre legato a Mario Borghezio e Roberto Calderoli e per cui al congresso milanese ha corso Max Bastoni. Prendendo un imprevisto 40 per cento dei voti e rivelando una vitalità dei bossiani che ha spaventato chi pensava che la faccenda del segretario fosse ormai chiusa.
Magari a favore del maroniano di ferro Matteo Salvini che potrebbe essere l’uomo nuovo alla guida della Lega lombarda se, come già detto, Giancarlo Giorgetti dopo dieci anni decidesse di lasciare. Una segreteria, quella di Salvini, che potrebbe spaccare la Lega. Ecco perché Bossi è titubante. Preferendo magari un maroniano più portato alla mediazione come il deputato bergamasco Giacomo Stucchi. Magari il vicepresidente della Regione Andrea Gibelli, il mantovano Gianni Fava o il parlamentare bresciano Davide Caparini. Reguzzoni, al momento, avrebbe deciso di non correre. Forse per timore della conta. Al suo posto potrebbe farlo il presidente della Provincia di Brescia Daniele Molgora. O Roberto Castelli, unico considerato davvero in grado di vincere. Le soluzioni di mediazione ci sono, ma Maroni vuole un suo uomo. L’identikit è quello di Salvini, ma l’incognita resta Bossi. Che potrebbe anche decidere di riconfermare Giorgetti. Anche se dopo due mandati, non sarebbe più nemmeno candidabile. Almeno stando allo statuto.
A Monza si apre il problema di Marco Mariani, il sindaco che per ricandidarsi chiede a Bossi di confermare l’alleanza con il Pdl. Sarà difficile, la Lega vuole andare sola. Il Pdl sarebbe pronto, magari anche puntando sul consigliere regionale leghista Massimiliano Romeo.