«Esami inappropriati? Addio alle cure per tutti»

Il presidente dei medici chiede un'azione della Regione contro la Lorenzin

Roberto Carlo Rossi*La Regione Lombardia sospenda gli effetti del decreto Lorenzin sull'appropriatezza. Quante famiglie sono abituate a mettere a bilancio una parte dei loro guadagni per pagarsi le spese mediche? Quante persone si preoccupano di avere i soldi per pagare gli accertamenti sanitari prescritti dal medico? Per la verità, il continuo aumento dei ticket, aveva già fatto riflettere molti sulla necessità di accantonare una (piccola) parte del proprio reddito per i costi connessi con la propria salute. Tuttavia, la verità è che tutti noi siamo abituati a pensare con tranquillità che se ci capita qualcosa di grave non dovremo più di tanto preoccuparci dei costi, poiché siamo coperti dal Servizio Sanitario Nazionale. Ebbene, queste certezze sono destinate ad incrinarsi dopo l'uscita in gazzetta ufficiale del 20 gennaio del decreto Lorenzin. Molti esami sono ora prescrivibili solo a certe particolari condizioni. Ad esempio il colesterolo, in assenza di patologie, non può più essere dosato sotto i quarant'anni e sopra solo una volta ogni cinque anni. Le Tac possono essere prescritte solo in particolari casi e la stessa cosa per le transaminasi (gli enzimi che si dosano nel sangue per controllare la funzionalità del fegato), il calcio, il potassio, eccetera. Insomma, una vera rivoluzione, visto che l'unico modo di eseguire questi esami sarà a pagamento o facendoseli rimborsare da un'assicurazione sanitaria privata. L'articolo 32 della Costituzione tutela «la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività». Si tratta di un'affermazione impegnativa, da parte della nostra Carta Costituzionale, poiché la tutela della salute implica un'assistenza al cittadino a 360 gradi e implica anche il fare prevenzione. Il 23 dicembre 1978 il Parlamento promulgò una legge che istituì il Servizio Sanitario Nazionale come lo conosciamo noi oggi. Dando corso ai dettami della Costituzione, l'Italia ha perciò un Servizio Sanitario che eroga un'assistenza universalistica, cioè a tutti i cittadini e su tutto il territorio della Repubblica. Ebbene, come abbiamo visto, ora, per ragioni di risparmio, alcune prestazioni saranno invece erogabili solo a particolari condizioni. Questo sembra pesantemente confliggere con la filosofia posta alla base del Servizio Sanitario Nazionale e soprattutto con quanto afferma l'articolo 32 della Costituzione. È la fine dell'assistenza data a tutti, ognuno di noi, d'ora in poi, dovrà pensare al proprio bilancio familiare e a mettere da parte un po' di soldi per qualche assicurazione privata. Poiché nell'attuale assetto costituzionale, le Regioni hanno (e avranno, anche con l'imminente riforma della riforma del titolo quinto della Costituzione) piena autonomia nella programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e sociali, chiedo alla mia Regione, da cittadino e da medico, di farsi promotrice in Corte Costituzionale di un'azione contro questa disposizione governativa. Nel nostro sistema, i cittadini non possono adire direttamente al Giudice Costituzionale, ma le Regioni sì. La Lombardia ha le carte in regola per promuovere questa azione: i suoi vertici si vantano sempre (con ragione) di avere i bilanci in pareggio e di avere da tempo scritto delle linee guida condivise sull'utilizzo virtuoso degli esami diagnostici.

Mi aspetto quindi che almeno sul nostro territorio regionale gli effetti del decreto vengano sospesi e che la nostra Regione faccia la sua parte per far rispettare la Costituzione della Repubblica.*presidente Ordinedei Medici di Milano

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