La «pezza» che il governo ha provato a mettere sulla scuola sembra peggio del buco che dovrebbe riempire. Per capirlo aiutano i numeri. Su 140mila posti disponibili, infatti, sono solo 71mila le domande presentate. E la maggior parte provengono dalle regioni del Sud. Un «vero e proprio esodo verso la Lombardia» commenta Valentina Aprea, assessore regionale all'Istruzione. Ma il vero rischio è il controesodo e la confusione generale che si creerà: se le migliaia di richieste dalle altre regioni saranno accettate, c'è già la certezza che in moltissimi chiederanno di tornare vicino a casa appena avuto il posto. Un via vai che sconteranno soprattutto gli alunni che avranno un insegnante meno preparato del precedente e che dopo due anni li saluterà.
Altro dunque che buona scuola. «Per noi era una facile profezia perché in Lombardia abbiamo molte graduatorie esaurite, soprattutto di materie scientifiche e posti di sostegno, ma non è un problema solo di interregionalità – spiega Aprea – quello che preoccupa è il numero dei docenti che si spostano: questa variabile così alta può mettere veramente a rischio la qualità del sistema lombardo visto che abbiamo una scuola che ha investito proprio nella formazione dei professori, quindi l'adattamento dei nuovi al nostro sistema richiederà tempo, ma non sappiamo se sarà un investimento produttivo visto che poi questi insegnanti sicuramente cercheranno di tornare nelle loro regioni». E intanto chi fino ad ora ha garantito la qualità dell'istruzione in Lombardia «rischia di rimanere a bocca asciutta perchè sono docenti di seconda fascia e mediamente più giovani». Quindi non solo chi ha lavorato nel sistema ed è pronto viene penalizzato per la sua precarietà, ma anche per la sua età: «Potremmo vedere invecchiare di colpo la classe docente lombarda». Gli studenti quindi si troveranno in classe un professore più anziano, che non sa come funziona la scuola lombarda e che due anni dopo li lascerà per tornarsene a casa.
Con buona pace dei soldi spesi fino ad ora: solo per il progetto regionale «generazione web», che serve a formare i docenti, sono stati spesi 700mila euro all'anno nell'ultimo biennio. Ed è uno delle decine attivate dalle istituzioni lombarde. «È un piano che proprio perché è stato studiato come una specie di sanatoria globale – conclude Aprea – produrrà un day after pazzesco: quando tutti gli insegnati avranno completato il loro percorso ci troveremo a raccoglierne i cocci e andremo avanti per due o tre anni almeno; è tutto da bocciare, noi comunque cercheremo di limitare i danni in tutti i modi».
Che saranno tanti: insieme al cambio dei docenti di ruolo ci sono altri problemi aggiuntivi, ad esempio l'abolizione dei vicari dei dirigenti scolastici e l'incertezza sugli esoneri per i collaboratori dei presidi che determineranno disagi ad esempio per quelle scuole con più sedi. Quindi la buona scuola sembra essere un boomerang pronto a carambolare dritto su un sistema di eccellenza e allo stesso tempo non sembra suscitare grande interesse: se soltanto la metà dei posti troverà, forse, un docente per occuparli, è anche vero che la prospettiva di trasferirsi in un'altra città è sempre un ostacolo a cui gli italiani non sembrano più abituati. Con buona pace di quei nonni che andavano a lavorare in Belgio e avevano le famiglie «al paese».
Il lavoro deve esserci e sotto casa, dove forse non avrai il posto fisso ma pare che non si muoia di fame. Se invece il meccanismo applicato dai Renzi boys fosse stato più adeguato non si sarebbe messo a rischio uno dei sistemi educativi più avanzati del Paese, ma non avrebbe guadagnato qualche decina di migliaia di voti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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