Spioni e un po' pavidi, pronti a denunciare capi e colleghi ma ben decisi a proteggersi con l'anonimato. Benché la legge sul cosiddetto whistleblowing garantisca la riservatezza sull'identità di chi fa partire le denunce, il capitolo dedicato a Milano del rapporto annuale dell'Anac - l'Autorità nazionale anticorruzione - racconta che la gran parte dei cittadini che si sono rivolti al servizio non hanno avuto il coraggio di firmare le proprie accuse. E fa un po' effetto che alcuni degli anonimi si annidino all'interno della Polizia locale: pubblici ufficiali che, proprio in quanto tali, dovrebbero avere il coraggio delle proprie azioni.
Per l'esattezza, sulle venti segnalazioni milanesi censite dall'Anac, sedici erano prive di mittente. Si «soffia» un po' di tutto: dal collega che fuma in corridoio a quello che si inventa la mamma invalida per avere i permessi. Poi c'è il sempreverde, l'accusa al collega che timbra il cartellino e se ne esce. Solo una piccola parte riguarda episodi consistenti di malaffare o malcostume, come gli occhi chiusi sui collaudi o la disinvoltura nell'erogazione di fondi pubblici.
Dodici segnalazioni sono state approfondite e concluse con una valutazione di fondatezza: quattro di esse hanno evidenziato la necessità di maggiori controlli da parte del Comune, otto sono in fase di istruttoria da parte dell'Organismo di garanzia del Comune. L'Anac considera il trend comunque positivo, perché dimostra la volontà dei dipendenti della pubblica amministrazione di fare pulizia al loro interno. Anche se in passato ci sono stati casi di «soffiate» per vendetta, e persino di dipendenti già nel mirino per comportamenti scorretti che si trasformavano in whistleblower per rifarsi una verginità e rendersi intoccabili.
Qualche tempo fa l'Organismo di garanzia del Comune aveva stilato un elenco dettagliato del contenuto e della fonte delle denunce, e ne era emerso un quadro eloquente del clima all'interno degli uffici pubblici milanesi. L'oscar dei piantagrane va probabilmente all'impiegato comunale che nel dicembre scorso fece partire una segnalazione anonima contro la presenza in un ufficio aperto al pubblico di un albero di Natale alto due metri, con lucine intermittenti: secondo lui disturbava gli utenti. Secondo classificato, uno che si lamentava perché un altro impiegato aveva rilasciato una intervista ad una radio e aveva una pagina Facebook piena di riferimenti lavorativi. L'Organismo ha dovuto lavorare anche su queste segnalazioni, prima di arrivare alla ovvia conclusione che non c'era niente di male.
Poi ci sono le cose serie: aziende appaltatrici che non rispettano i contratti, imbrogli sulle graduatorie per le case popolari,
le condotte discriminatorie da parte dei capi di alcuni uffici. Ma anche queste segnalazioni vengono quasi tute da fonti anonime: moralizzatori che non hanno il coraggio morale di mettere la firma in fondo a una denuncia.
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