Farmaci rubati su commissione e buchi nella legge

Farmaci rubati su commissione e buchi nella legge

Continua a essere un giallo il furto di qualche giorno fa di medicinali chemioterapici per un valore di almeno 100mila euro nella farmacia che si trova all'interno della clinica S. Pio X di via Nava. La Regione, attraverso un intervento successivo al reato del consigliere Maria Teresa Baldini - ha fatto sapere che il fenomeno del furto dei farmaci negli ospedali dal 2006 al 2013 ha fatto registrare 68 casi in tutta Italia, per una perdita totale di almeno 18,7 milioni di euro. E tra le regioni più colpite c'è la Lombardia.
L'argomento non è dei più facili perché pieno di sfaccettature: anche per chi è del settore spesso è difficile non cadere in inesattezze o, più facilmente, dire vere e proprie bestialità. Tutti, però, bene o male sappiamo, che in Italia i farmaci per la cura del paziente malato di tumore vengono passati dal servizio sanitario nazionale. Insomma: il malato non li paga. E allora perché rubarli? Inoltre, da profani, ci chiediamo se una somministrazione del farmaco fai da te non possa essere dannosa se non addirittura letale e per quale ragione correre dunque il rischio e rubarlo?
«Gli oncologi hanno a disposizione per la cura dei tumori oltre 400 farmaci, tra chemioterapici (associati a degli effetti collaterali spesso importanti per l'organismo) e biologici. Questi ultimi, infatti, a differenza della chemioterapia, vanno a colpire solo i meccanismi di replicazione della cellula tumorale e non le cellule sane: per questo vengono detti intelligenti - ci spiega un oncologo, primario di una notissima struttura sanitaria milanese -. Inoltre fra i farmaci in utilizzo in oncologia sempre di più disponiamo di formulazioni orali e può esistere il rischio, specie nel paziente poco affidabile, che vengano assunti in maniera impropria e potenzialmente dannosa». Non è una leggenda, però, che i farmaci nelle patologie tumorali abbiano un alto costo ma che i malati in Italia non li debbano pagare?
«Certo: ci sono confezioni di farmaci orali che costano oltre 5mila euro. La stessa cifra vale per una sola somministrazione per via endovenosa per esempio nel trattamento del melanoma in fase avanzata. Non voglio minimizzare - prosegue l'oncologo - ma per raggiungere la cifra dei 100mila euro di medicinali rubati alla Pio X spesso bastano poche prescrizioni». «Le ragioni dei furti? Credo siano principalmente un paio, ma sono convinto anche che esista una soluzione - continua l'oncologo - . Ci sono farmaci antitumorali non registrati in altre nazioni e forse qualcuno, dall'estero, viene a rifornirsi qui sfruttando ladri professionisti o dipendenti infedeli che poi si fanno pagare a loro volta profumatamente per la “mediazione”. Ricordo che oltre 30 anni fa l'interferone, utilizzato in patologie tumorali e non, era disponibile solo nei paesi del nord Europa. E c'era chi era disposto a partire e fare anche lunghi viaggi per andare a procurarselo».
Uno dei problemi principali, però, secondo il primario è quello che chiama il «magazzino». «Negli Usa da almeno 15 anni i farmaci vengono dispensati nella quantità che necessita nel ciclo terapeutico al paziente; noi abbiamo iniziato da poco. In altre parole i farmaci vengono consegnati considerando la dose strettamente necessaria: questo vuol dire avere il magazzino leggero. Un esempio? Se un malato ha bisogno di 21 pastiglie gliene darò 21 e stop. Al massimo 22. Medicinali che costano 5mila euro a scatola? Ma scherziamo? Lei sa che c'era chi veniva a prenderne un'altra confezione perché si era dimenticato la scatola nella casa di montagna o in quella al mare? Se poi nel frattempo il farmaco veniva a scadenza o, purtroppo, la malattia risultava in progressione o ancora se noi medici eravamo costretti a cambiare la terapia per gli effetti collaterali, i farmaci residui tenuti nelle varie case diventavano inutili. Non si può restituire la scatola già iniziata alla ditta o fornire la medesima a un altro paziente...Così si buttavano migliaia e migliaia di euro».
L'altro flagello per i furti in questo settore è costituito da quelli che il nostro oncologo non esita a definire «sciamani»: «Fanno miscugli con basse dosi di parecchi farmaci antitumorali con la filosofia che almeno uno gioverà al malato. Non mi faccia esprimere giudizi sull'argomento, per favore...».
E conclude: «Mi creda: la somministrazione dilazionata dei farmaci porta a un risparmio tangibile di migliaia di euro.

E non è vero che la Lombardia si collochi tra le regioni con gli sprechi maggiori: altrimenti nelle nostre strutture non avremmo oltre il 40% dei pazienti che giunge da altre regioni. La spesa sanitaria è stata fuori controllo in diverse regioni italiane, in primis nel Lazio e nelle regioni meridionali anche se non si può dire modesta la spesa nelle province autonome come Trento e Bolzano».

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