Anche se i medici non hanno ancora messo la diagnosi nero su bianco, sembra ci siano poche possibilità di salvezza per Luigi Fontana, il farmacista avvelenato dallamico a cui aveva prestato dei soldi. Già nei giorni successivi infatti la figlia Francesca aveva spiegato come i danni cerebrali riportati dal padre fossero irreversibili e per lui ci fossero poche speranze. Mentre si attendono notizie dallospedale, anche per qualificare il reato, proseguono le indagini della mobile per capire se dietro quel prestito ci siano interessi tali da far sospettare lusura.
Ad attendere notizie dai medici non cè infatti solo la moglie e le due figlie di Luigi Fontana, 65 anni, ma anche Gianfranco Bona, 50 anni, luomo che gli ha versato il cianuro nel Crodino. I loro destini infatti sono adesso più che mai legati a doppio filo. Se il farmacista sopravvive, per Bona il capo dimputazione resta tentato omicidio e lesioni gravissime e può sperare di cavarsela con una ventina danni. Altrimenti il reato si trasforma in omicidio, con eventuale aggravante della premeditazione, e porta dritto allergastolo.
Bona, benestante titolare di una ditta specializzata nel trasporto dei farmaci, tempo fa aveva provato a ingrandirsi, ma gli affari gli erano andati male. Nel 2006 Fontana gli aveva prestato una forte cifra che lui era stato in grado di restituire solo in parte, restando debitore di 270mila euro. Il farmacista gli faceva pressioni sempre più forti tanto che lui, disperato, con una scusa avrebbe chiesto proprio allamico di procurargli del cianuro per suicidarsi. O almeno così ha spiegato agli inquirenti.
Lunedì 2 aprile Bona era andato a trovare Fontana nella sua farmacia di viale delle Forze Armate 212, era andato a prendere da bere nel vicino bar e aveva versato il veleno nel Crodino del farmacista. Luomo si era subito sentito male ed era finito in coma, forse irreversibile. Il cianuro infatti blocca i meccanismi di ventilazione dellorganismo e il cervello della vittima, rimasto senza ossigeno, ha riportando danni permanenti. Ma non è ancora morto e questo potrà incidere sul capo dimputazione e sulla relativa condanna.
Pochi giorni di indagini sono stati sufficienti alla squadra mobile per restringere la lista dei sospettati a tre persone: il barista, una terza persona che aveva bevuto quel giorno insieme a Bona e Fontana e appunto lauto-trasportatore, lunico però ad avere avuto la possibilità di far scivolare il veleno nel bicchiere senza essere visto da nessuno. Giovedì 8 aprile luomo è stato portato in questura, sottoposto a un lungo interrogatorio al termine del quale ha confessato, rivelando tutti i particolare, compreso il movente. E su questo filone proseguono ora le indagini degli investigatori che vogliono fare piena luce sui rapporti economici tra i due uomini. La cifra prestata infatti era molto forte e forse andava al di là del normale «favore» tra due amici.
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