Daniele Abbiati
Non è mica colpa sua se Edoardo Maturo è nato nel 1983, e quindi se non ha visto giocare dal vivo né Rivera né Calloni. E non è merito mio se sono nato nel 1961, diventando quindi ufficialmente rossonero (ufficiosamente lo ero già nella pancia della mamma) nel '68, quando il papà mi regalò una grande fotografia, allora non si chiamava poster, parlavamo ancora italiano, con tutta la rosa al completo della stagione 1967-68. Li guardavo a tutte le ore in faccia, dal Gianni all'ultima delle riserve, e dentro di me dicevo: «Voi siete miei amici, perché siete del Milan».
Edoardo Maturo, avendo avuto il compito di crescere un figlio di nome Leonardo (Nascimento de Araújo ce lo aggiungo io, per restare in tema), non usa la parola «amici» ma «supereroi», nel titolo del suo libro da cameretta e da stadio Papà, van Basten e altri supereroi (Bookabook editore, pagg. 147, guardacaso quante sono state le presenze del Cigno di Utrecht con il Milan, euro 10, come il numero di maglia del Golden Boy). E fa bene, perché anche quando si parla di calcio a un bimbo in fasce non bisogna mai perdere il contatto con la società in cui si vive, altrimenti si vivrebbe soltanto di ricordi. Così, fin dal giorno in cui alzò al cielo il piccolo Leonardo appena nato, nel reparto maternità, come una Coppa dei Campioni, Edoardo Maturo si è comportato da padre maturo. Il suo tono è sì favolistico, quando parla del Genio e di Sheva, di Carletto e di Cuore di Drago Maldini, di Ibra e di re Leone Weah. Ma non nasconde al pargolo, venuto al mondo, se non ho capito male, dopo le cessioni di Zlatan e di Thiago al Psg, che il Milan va amato e rispettato come una moglie, sia nella buona, sia nella cattiva sorte.
«Essendo mercoledì - scrive Edoardo a un certo punto - non ho nulla di particolare da fare questa sera». Forse è presto per spiegare a Leonardo la differenza fra una nottata di Champions League e il crepuscolo di un'epoca, ma sono certo che un giorno il bravo papà lo farà. Intanto, ha ricominciato ad andare a San Siro con moglie Claudia e figliolanza al seguito, ergo inclusa Beatrice, e questo è un buon segno. Tanto, per il closing c'è ancora tempo, lo si può sempre rimandare di nuovo alle calende cinesi, come se fosse un'altra favola da raccontare, chissà quando, al figlio di Leonardo.
Nella speranza che anche questo Milan cresca forte e sano come lui, io questa sera, a casa, andrò a rovistare nei cassetti per tirar fuori la foto della rosa del Milan 1967-68. Fa sempre piacere rivedere, dopo tanto tempo, i vecchi amici.