Paola Fucilieri
Un cassintegrato che si definiva non un combattente, ma - lo si legge nell'ordinanza - «un agguerrito sostenitore dello stato del Califfo». E agguerrito sul web lo era davvero Al Hossam Ben Antar, 42 anni, uno dei due fratelli egiziani (l'altro è il 36enne Moustafa, pizzaiolo al «Dado Matto» di Finale Ligure) fermati ieri dai carabinieri del Ros di Genova per aver diffuso materiale jihadista sul web allo scopo d'instradare i combattenti del Nord Africa in territorio siriano e in Libia per conto dell'Isis. All'alba, quando Hossam è stato catturato a casa sua, in via Verdi 30, a Cassano d'Adda, si è detto stupito dell'arrivo degli uomini del Ros. «Non capisco cosa possiate volere da me» si è limitato a commentare in un italiano perfetto. Sì, perché, come il terzo fermato, l'algerino Tarek Sakher - 34 anni e finito in cella sempre ieri dal Cie di Torino, dove si trovava per aver chiesto asilo un anno fa - questi nordafricani erano perfettamente integrati e mai parlavano del loro estremismo religioso se non tra simili e sul web, adottando naturalmente decine di nominativi falsi, su profili che aprivano e chiudevano a piacimento.
Il «milanese» di Cassano era sicuramente il più attivo on line perché aveva molto tempo a disposizione e abitava da solo. I due figli piccoli, infatti, erano stati con lui in Italia per un po', ma da quelache tempo si trovano in Egitto con la madre. Hossam sulla rete si spaccia spesso per l'egiziano Ahmed Swid, in particolare su Facebook, ma al telefono con un amico si lamenta di dover spesso cancellare gli account attivi e se la prende con gli investigatori. «(...) chiediamo a Dio di rendere difficile la loro vita in questo mondo o nell'altro».
A chi gli confida di voler raggiungere la Siria, Hossam snocciola una lunga serie di difficoltà, probabilmente per tastare il terreno sulla forza della fede di chi si trova davanti. «Purtroppo - gli dice un amico - solo i primi che hanno cominciato, hanno guadagnato di più» intendendo che chi era partito per il Califfato in precedenza aveva avuto maggiori privilegi e facilitazioni. Hossam gli risponde: «Il Paese è lontano, hanno detto così». E cita una frase del Corano: «Venite presto, altrimenti troverete tutto chiuso». L'amico è diffidente: «Qualsiasi squadra di calcio in cui andrai a far parte è molto probabile che tu cada nelle mani della squadra avversaria». Frase che tradotta significa che chi cerca di entrare nel Califfato ora rischia di essere arrestato dalle autorità. Molto spesso lo stato del Califfo viene indicato in un linguaggio criptico come «il posto di lavoro».
Hossam invece è convinto che il viaggio verso Daesh (l'Isis) si possa fare. «Ho sentito - confida ancora all'amico - di tanti giovani e tanti fratelli che sono arrivati in Paesi confinanti a quel Paese ma non sono riusciti... Ci sono delle possibilità... Ci sono dei metodi. Se non si ha fretta si può andare e rimanere per un po' in un Paese confinante».
Tuttavia Hossam è cauto. E proibisce all'amico di parlarne per telefono, rimandando la conversazione sull'argomento alla messaggistica di Facebook, Messenger.
Hossam e Moustafa, infatti, sanno che devono muoversi facendo molta attenzione: hanno un terzo fratello ricercato, Mohamed Antar che se ne sta in Arabia Saudita, mentre loro si prodigano, attraverso vari canali
online, per procurargli il necessario ausilio logico, come scrive nell'ordinanza il sostituto procuratore della Procura di Genova, Federico Manotti. Hossam, infatti, viene definito dalla Procura ligure «un vero instradatore».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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