Lo diceva già Gabriele Albertini nel 2002, quand'era sindaco. «Il mio auspicio è che il pavè sia limitato ai luoghi monumentali, abbiamo già proposto di sostituirlo con l'asfalto ma dobbiamo fare i conti con i precisi vincoli imposti dalla Soprintendenza». Sono passati dieci anni, e siamo rimasti quasi all'«età della pietra». Nel 2006 l'ex vicesindaco Riccardo De Corato che aveva la delega all'Arredo urbano consegno nelle mani della Soprintendenza un dettagliatissimo «Piano pietra», aveva schedato i 520mila metri quadri di masselli in granito, i 157mila cubetti in porfido e i 15mila ciottoli per individuare insieme i criteri guida per la «razionalizzazione del patrimonio lapideo» della città. Per il centrodestra si poteva tranquillamente utilizzare un criterio: salvare il pavè nel centro storico, rimuoverlo nel resto della città. Qualche intervento è stato fatto, nella successiva era Moratti (i masselli sono spariti, per citare, da via Porpora e altre strade di semiperiferia). Le polemiche se si vuole sono anche moltiplicate. Resiste una scuola di pensiero che vorrebbe salvare il pavè a tutti i costi. Ma la combinazione tra crescita dei milanesi che si spostano in moto e bicicletta, calo della spesa pubblica e quindi della manutenzione, aumento degli incidenti (e delle cause contro il Comune se era dovuto a masselli sollevati), il coro dei no si sta alzando. Protestano anche i conducenti dei tram, le pietre sollevate causano frequenti mini-deragliamenti, l'ultimo sabato sera in zona corso Genova. Battagliero da anni è il consigliere Pdl Fabrizio De Pasquale che si è fatto consegnare dagli uffici comunali i conti del fenomeno. Ogni anno il Comune spende circa un milione nella manutenzione stradale, ai «tempi d'oro» si arrivava anche a 3-4 milioni, ora con la spending review la giunta Pisapia è stata costretta a tagliare anche su questa voce. E nel 2012 si sono contate circa tremila cause per richiesta di risarcimento da parte di automobilisti, ciclisti e scooteristi che hanno avuto incidenti dovuti a insidie stradali, «almeno la metà dei casi collegata a masselli fuori posto». Palazzo Marino ha dovuto farsi carico di una ingente polizza assicurativa, ammontava a 4,5 milioni fino al 2011, poi è scesa a 2,6 milioni ma «da quest'anno il Comune ha deciso di rimborsare direttamente senza passare dall'assicurazione per gli incidenti con danni sotto ai 30mila euro». Tra vecchi rimborsi e polizza, nel 2012 ha dovuto investire 6 milioni di euro. De Pasquale aggiunge a spese di manutenzione e assicurative il danno procurato ai mezzi pubblici, l'esigenza di inviare sul posto i vigili a bloccare parzialmente il traffico quando va rimesso a posto un massello di una certa portata. «Ripensiamo ad un piano per conservare il pavè nel centro storico e rimuoverlo dalle altre strade, pensiamo a piazza Firenze, via leoncavallo, via Rubens, Forze Armate - avverte -. Non significa distruggere la pietra, ma anzi ricollocarla nelle isole pedonali o in zona Navigli, dove non crea disagi e non si rovina con il passaggio dei mezzi». Fa notare peraltro che dal bilancio è scomparsa dall'anno scorso la spesa per la rimozione delle rotaie, «altra causa di incidenti soprattutto per chi usa la bici. Inutile concentrarsi sulla creazione di piste se poi bisogna fare la gimcana in centro».
Se la questione è il vincolo dei Beni architettonici, è facilmente aggirabile. Il sovrintendente Alberto Artioli è pronto a riprendere in mano quel piano pietra e «aprire una valutazione su dove va conservato, come il centro storico, e dove siamo i primi a condividere che il mantenimento non ha un valore a prescindere, ma anzi costituisce elemento di rischio». Ricorda «il bellissimo studio presentato da De Corato quando era sindaco Albertini, una parte della pavimentazione era stata anche rimossa ed è conservata in deposito.
Finisce l'età della pietra Il sovrintendente apre: «Il pavé? Solo in centro»
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