Un finto ufficio della questura vendeva permessi di soggiorno

All'inizio erano dei semplici falsari in grado di fornire documenti contraffatti con cui corroborare le richieste di permesso di soggiorno di immigrarti in cerca di scorciatoia. Poi sono passati alla truffa bella e buona, fingendosi «sede distaccata della questura» dove schedare gli stranieri, quasi tutti senegalesi, e fornire loro documenti «in regola». Documenti che un extracomunitario ha esibito a un controllo dei ghisa, scoprendo così di essere rimasto clandestino e con un decreto di espulsione sulle spalle. L'uomo ha vuotato il sacco consento alla polizia locale di sgominare una piccola banda che in dieci anni ha imbrogliato migliaia di immigrati, guadagnando diversi milioni di euro.
Un meccanismo ben oliato, mosso da una diabolica coppia di italiani, B. A., nata 50 anni fa a Saronno, lui R.L.U. , 60 anni, nato a Chieti ma residente a San Giuliano Milanese. Alle loro dipendenze quattro senegalesi che da Erba, Varedo, Mariano Comense e Limbiate agganciavano i clienti da inviare ai due truffatori. La piccola sin dal 2001 si era «specializzata» nel fornire falsi modelli Cdu, buste paga, posizioni contributive Inps e documenti del Ministero dell'Interno e della Questura, bollettini postali e vaglia, con tariffe variabile da poche centinaia di euro fino a 2.500.
Ovviamente gli acquirenti erano consapevoli della contraffazione, mentre i successivi clienti erano invece convinti della bontà della «merce comprata». Nel senso che in tutta Italia, qualcuno arriverà poi persino dalla Sardegna, si era sparsa la notizia che a San Donato c'era un ufficio della questura in grado di sbrigare celermente le pratiche. I truffati erano quasi tutti senegalesi, come i 4 «procacciatori» loro connazionali, ma anche di altre nazionalità. Come l'albanese e il marocchino intercettati mentre chiedevano a B. A. Cud, buste paga per rinnovare il permesso.
Alla fine un senegalese veniva appunto fermato sul tram dagli agenti del Nucleo Tutela Trasporto Pubblico della Polizia Locale. L'africano mostrava tranquillamente i documenti scoprendo di essere rimasto truffato, clandestino e destinatario di un ordine di espulsione. E ha cominciato a raccontare la storia. Compreso dell'ufficio in San Donato dove R.L.U., spacciatosi per poliziotto, lo aveva fotografato e gli aveva preso pure le impronte digitali. Scattavano le indagini condotte dal comandante Tullio Mastrangelo e coordinate dal pm Ester Nocera. L'inchiesta permetteva di scoprire l'esteso giro della coppia, migliaia i raggirati, e i trucchi per tener buoni i senegalesi quando scoprivano che la loro richiesta era rimasta inevasa. Ma soprattutto come B. A e R. L. U. fossero stati più volte denunciati ma che, mancando il coordinamento tra le questure d'Italia, l'avevano sempre fatta franca.

Fino all'altro giorno quando, su disposizione del gip Enrico Manzi, i ghisa hanno arrestato i due italiani e due senegalesi, ricercarti al momento gli altri due, chiudendo per sempre la «sede staccata della questura» di San Donato.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica